Erdogan riconfermato presidente. I nodi: dall’economia ai migranti
Lo scrutinio è corso veloce dalla chiusura delle urne alle 17 ora locale (le 16 in Italia) e dopo meno tre ore il risultato del ballottaggio ha consegnato la presidenza della Turchia nuovamente nelle mani di Recep Tayyip Erdogan, che resterà al potere fino al 2028. Nel corso dello scrutinio – che al 98% delle schede scrutinate dava il presidente in carica al 52,11%, contro il 47,89% dello sfidante Kemal Kilicdaroglu – si sono verificate discrepanze rispetto allo spoglio, con l’agenzia indipendente Anka, vicina all’opposizione, che dava in un primo momento Kilicdaroglu in vantaggio, per poi virare sul testa a testa e infine assegnare la vittoria al presidente in carica come i media ufficiali turchi. Nei suoi primi commenti dalla chiusura delle urne, parlando ai sostenitori su un autobus della campagna elettorale fuori dalla sua casa a Istanbul, Erdogan ha detto: “Ringrazio ogni membro della nostra nazione per avermi affidato la responsabilità di governare questo Paese ancora una volta per i prossimi cinque anni”. Erdogan ha poi ridicolizzato l’avversario per la sconfitta, dicendo “bye bye bye, Kemal“, mentre i sostenitori fischiavano. “L’unico vincitore di oggi è la Turchia“, ha proseguito, e ha voluto attaccare i diritti Lgbt, accusando i partiti di opposizione di sostenerli: “Nella nostra cultura la famiglia è sacra, strangoleremo chiunque osi toccarla. Nessuno può insultare le nostre famiglie”.
A differenza della vittoria di cinque anni fa, il presidente turco si troverà da domani costretto a dare risposte su problemi che si sono aggravati negli ultimi anni come il difficile rapporto con l’Occidente con Ankara che non ha ancora dato il via libera all’ingresso della Svezia nella Nato. E dovrà affrontare una situazione economica molto fragile, con un’inflazione che è sopra il 43% e alla fine del 2022 aveva superato l’80% toccando i livelli più alti dei precedenti vent’anni, mentre la lira turca ha toccato nei giorni scorsi un ennesimo record negativo rispetto al dollaro. La questione dei migranti siriani che ospita la Turchia, quasi 4 milioni di persone arrivate dopo l’inizio del conflitto civile nel 2011, è destinata ad essere un altro tema caldo per la futura amministrazione. Erdogan ha promesso che un milione di loro torneranno “volontariamente” in patria ma il presidente siriano Bashar al-Assad, con cui sta cercando da mesi una riconciliazione dopo avere rotto i rapporti oltre dieci anni fa, ha chiesto esplicitamente che le truppe di Ankara lascino il Paese. Precondizione per la normalizzare i rapporti e preparare il terreno per il ritorno dei rifugiati.
Erdogan è riuscito a vincere mantenendo la sua base elettorale e guadagnando anche i voti che aveva ottenuto al primo turno Sinan Ogan, il politico di destra nazionalista che con poco più del 5% dei dei consensi si era classificato terzo e ha poi deciso di appoggiare il presidente uscente al ballottaggio. Kilicdaroglu, alla guida di un fronte di opposizione molto eterogeneo, aveva utilizzato toni concilianti durante la prima fase della campagna elettorale ma pare che non abbia pagato la scelta di virare su una retorica nazionalista nelle ultime due settimane. Posizione che lo ha reso meno popolare nelle regioni a maggioranza curda che lo avevano invece sostenuto al primo turno. Mentre Erdogan ora guarda già alle elezioni locali del 2024, dove punta a riconquistare Istanbul e Ankara che aveva perso con il voto di cinque anni prima, incassa il sostegno di Putin, di Orban, del Qatar, dell’Azerbaigian, del Pakistan, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita.
Domani si vocifera che il presidente turco possa recarsi a pregare a Santa Sofia, da lui riconvertita in moschea nel 2020, in occasione del 570esimo anniversario della conquista ottomana di Costantinopoli. A Istanbul intanto i suoi sostenitori lo celebrano sparando in aria e suonando i clacson delle automobili che occupano con lunghe file le strade della più grande città turca. Questa vittoria porta con sé anche una novità. Il presidente ha deciso di non tenere il suo discorso celebrativo alla sede del suo partito Akp di Ankara, come ha sempre fatto tradizionalmente dopo le elezioni, ma parlerà dal palazzo presidenziale nella capitale turca, fatto costruire da lui stesso negli scorsi anni.