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Africa, non solo alimenti e vaccini: la onlus Cute Project cura le ustioni e insegna come prevenirle

In molti Paesi si cucina in baracche o abitazioni di fortuna, con grandi pentole sul fuoco e bambini che giocano intorno. Ma ci sono anche le conseguenze delle aggressioni con l'acido
Africa, non solo alimenti e vaccini: la onlus Cute Project cura le ustioni e insegna come prevenirle
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Quando si parla di aiuti per l’Africa, l’immaginazione corre subito ad alimenti, acqua potabile e vaccini. Eppure, esiste un altro problema, meno noto all’opinione pubblica ma altrettanto urgente: quello delle ustioni, che colpiscono soprattutto donne e bambini. Accadono spesso nella vita quotidiana, perché si cucina in baracche o abitazioni di fortuna, con grandi pentole sul fuoco e bambini che giocano intorno. Non sempre, però, le strutture sanitarie locali sono in grado di curare queste ferite, né di prevenire gli esiti più gravi.

Per rispondere a questo bisogno, a Torino nel 2012 è nata una onlus dal nome evocativo: Cute Project, presieduta dal dottor Daniele Bollero, dirigente medico presso il Centro Traumatologico Ortopedico di Torino, nella divisione di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva – Grandi Ustionati. “Da lui è partita l’idea di creare una realtà specifica che portasse soprattutto formazione in chirurgia plastica ricostruttiva in alcuni Paesi in via di sviluppo”, spiega la dottoressa Eva Mesturino, medico di medicina generale, in servizio anche presso l’ospedale Molinette di Torino e membro del direttivo della onlus insieme a Bollero, Sajda Bencivelli e Luca Arró.

Nel corso degli anni, Cute Project ha realizzato numerose missioni, concentrandosi soprattutto in Uganda e Benin, ma anche in Congo. Qui i medici dell’associazione, affiancati da infermieri, volontari, esperti di logistica e di comunicazione, hanno avviato un percorso di formazione continua del personale sanitario locale, anno dopo anno. Dopo il brusco stop imposto dalla pandemia, l’attività è ripresa sia in Uganda sia in Benin, in particolare presso l’ospedale Saint Padre Pio di N’Dali, nel nord del Paese.

L’impegno di Cute Project non si limita però all’Africa. “Il lavoro di sensibilizzazione sulle ustioni lo portiamo avanti anche nelle scuole piemontesi – racconta Eva Mesturino – con laboratori di prevenzione rivolti a bambini dai 4 ai 7 anni, coordinati da Paola Curto, responsabile del progetto”. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: trasformare i più piccoli in “sentinelle” attente a ciò che accade intorno a loro.

In Italia, l’associazione collabora inoltre con il SERMIG – Arsenale della Pace di Torino, dove ha attivato un ambulatorio di chirurgia plastica pro bono, possibile grazie al lavoro volontario di infermieri e chirurghi plastici. L’ambulatorio si chiama significativamente “La plastica è per tutti” e accoglie persone che non hanno mezzi economici o che sono escluse dal Servizio Sanitario Nazionale.

Ma come si struttura, concretamente, una missione in Africa? “Organizziamo e spediamo tutto il materiale necessario per allestire le sale chirurgiche all’interno delle strutture ospedaliere locali – spiega Mesturino -. La formazione si articola in una parte teorica, con lezioni frontali in inglese in Uganda e in francese in Benin, e in una parte pratica, fondamentale. Medici e infermieri locali lavorano con noi in sala operatoria, assistono agli interventi e ci affiancano poi nei reparti, dove condividiamo le indicazioni per le terapie farmacologiche, dagli antibiotici agli antidolorifici”.

Le cause delle ustioni sono molteplici: acqua bollente che si rovescia addosso, incidenti stradali – “Qui le strade sono spesso sconnesse e si viaggia in moto in tre o quattro persone -, ma anche episodi estremi, come le aggressioni con l’acido. “Spesso dietro c’è una relazione affettiva – racconta Mesturino – e capita che le donne aggredite abbiano in braccio i bambini, che restano ustionati a loro volta. È un disastro: oltre alla distruzione estetica del volto, ci sono conseguenze funzionali gravissime, che rendono difficile mangiare, bere, muovere il collo o le braccia. E in alcune realtà rurali avere un volto segnato significa essere emarginati”.

Dal punto di vista emotivo, affrontare queste situazioni non è semplice nemmeno per i sanitari. Eppure si va avanti, spiegano, per il desiderio di cambiare concretamente la vita delle persone e, soprattutto, per permettere ai medici locali di acquisire competenze utili a lungo termine. “Una mano ustionata e mai medicata può restare chiusa per sempre – osserva Mesturino -. Un piede ustionato in un bambino può impedirgli di camminare correttamente per tutta la vita. Un braccio può rimanere attaccato al torace perché i tessuti si retraggono e si incollano. Spesso ci troviamo davanti a situazioni non trattate da anni”.

Accanto alla cura, resta centrale il tema della prevenzione. Per questo Cute Project porta anche in Africa i laboratori educativi già sperimentati in Italia, con l’aiuto di una mascotte a forma di elefantino africano che insegna ai bambini come evitare le ustioni. Il progetto si chiama Cuty Firephant.

Cute Project vive grazie alle donazioni private e al 5 per mille. Non mancano le iniziative di raccolta fondi, come la serata del 18 dicembre alla Cooking Factory di Torino, durante la quale si cucinerà la pizza e si racconterà l’ultima missione in Benin. Tutte le attività dell’associazione sono documentate sul sito e sui canali social, Instagram e Facebook.
L’anno prossimo speriamo di tornare in Africa a ottobre, abbiamo già pazienti prenotati – conclude Eva Mesturino -. Ogni volta il tempo sembra troppo poco e dobbiamo selezionare chi operare. Ma anche una presenza breve, per queste persone, è una sferzata positiva e concreta, nell’attesa di potersi rivedere”. Perché curare una ustione non significa solo salvare la pelle, ma restituire movimento, dignità e futuro a una vita che rischiava di fermarsi troppo presto

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