Svelato il meccanismo col quale i Pfas riducono gli anticorpi nei bambini vaccinati. Lo studio
I pericoli di quello che sono considerati inquinanti eterni ormai sono noti. Ma un nuovo studio dell’Università di Padova conferma le preoccupazioni riguardo agli effetti delle sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), sul sistema immunitario umano, contribuendo a chiarire i meccanismi che potrebbero spiegare la ridotta risposta ai vaccini osservata nei bambini esposti a queste sostanze.
Cosa hanno concluso gli scienziati? I linfociti B umani esposti al perfluoroottanoico (PFOA) mostrano una marcata riduzione della capacità di proliferare, attivarsi e maturare correttamente, con una conseguente diminuzione significativa della produzione di anticorpi. In particolare, la sintesi di immunoglobuline G (IgG), elemento centrale della memoria immunitaria e della protezione vaccinale a lungo termine, risulta ridotta tra il 30% e il 45%. Tali alterazioni funzionali forniscono una spiegazione biologica diretta delle risposte vaccinali più deboli osservate nei bambini esposti alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), già ampiamente documentate dagli studi epidemiologici internazionali.
Cosa sono i Pfas
I Pfas sono inquinanti ambientali persistenti, diffusi globalmente e caratterizzati da un’elevata stabilità chimica. Le principali agenzie sanitarie internazionali hanno identificato l’indebolimento della risposta vaccinale in età pediatrica come l’effetto più solido e rilevante associato all’esposizione umana a queste sostanze. In diverse aree del Nord Europa e negli Stati Uniti, i bambini residenti in territori con elevata contaminazione da Pfas, in particolare da Pfoa, presentano concentrazioni anticorpali inferiori dopo i richiami vaccinali per tetano, difterite, morbillo e altre vaccinazioni di routine. Nonostante la consistenza delle evidenze epidemiologiche, fino ad oggi mancava una dimostrazione sperimentale diretta dei meccanismi cellulari responsabili di tali effetti.
Lo studio
Lo studio padovano ha analizzato in laboratorio il comportamento dei linfociti B, le cellule del sistema immunitario deputate alla produzione di anticorpi. I campioni cellulari sono stati ottenuti da sette donatori di sangue sani, non precedentemente esposti a Pfas. Dopo l’isolamento, i linfociti B sono stati esposti in vitro al Pfoa, consentendo di valutare in modo diretto l’impatto della sostanza sulle funzioni cellulari in assenza di fattori confondenti ambientali. L’attività sperimentale si è svolta nell’arco di quasi due anni, dal giugno 2024 all’ottobre 2025, permettendo un’analisi approfondita dei processi di proliferazione, attivazione e maturazione cellulare in risposta a stimoli fisiologici.
Risultati sperimentali
I linfociti B mantenuti in coltura ed esposti al PFOA mostrano una ridotta capacità di rispondere agli stimoli con fattori di crescita fisiologici. In particolare, le cellule risultano meno attivate, proliferano in misura inferiore e presentano un rallentamento dei processi di maturazione. Queste alterazioni funzionali si traducono in una produzione complessivamente ridotta di anticorpi, con un impatto particolarmente rilevante sulle immunoglobuline G. La diminuzione della produzione anticorpale osservata, compresa tra il 30% e il 45%, è sovrapponibile a quella rilevata negli studi di popolazione condotti su bambini esposti a Pfas, rafforzando la coerenza tra dati sperimentali e osservazioni epidemiologiche.
Sostanze che interferiscono con le cellule
Il lavoro, realizzato dai professori Carlo Foresta e Francesco Cinetto dell’Università di Padova, in collaborazione con i professori Luca De Toni e Andrea Di Nisio, fornisce un contributo chiave alla comprensione degli effetti immunologici del PFOA. I risultati dimostrano che questa sostanza interferisce direttamente con le cellule che generano gli anticorpi, alterando meccanismi fondamentali della risposta immunitaria umorale. Secondo il professor Carlo Foresta, lo studio rappresenta un avanzamento decisivo nella comprensione del legame tra esposizione a Pfas e ridotta efficacia vaccinale. La perfetta sovrapposizione tra la riduzione anticorpale osservata in vitro e quella documentata negli studi epidemiologici conferma che l’impatto dei Pfas costituisce un rischio concreto per la salute dei bambini e non una semplice ipotesi teorica.