Omicidio Nada Cella, le difese puntano a far cadere le accuse: “Cecere innocente, Soracco estraneo”
Dopo le richieste dell’accusa, è stato il turno delle difese di parlare ai giudici che dovranno esprimersi sull’omicidio di Nada Cella, la segretaria massacrata il 6 maggio 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco. Cuore dell’udienza le arringhe dei difensori dei principali imputati: Anna Lucia Cecere, l’ex insegnante accusata di essere l’autrice del delitto per cui è stato chiesto l’ergatsolo, e Soracco, per il quale la Procura ha chiesto una condanna a quattro anni per favoreggiamento.
A prendere la parola per prima è stata l’avvocata Gabriella Martin, che insieme al collega Giovanni Roffo difende Cecere. L’ex insegnante, ha sottolineato la legale, “non ha commesso il fatto” e non può diventare “un capro espiatorio perché il clamore e l’indignazione portano alla necessità di trovare un colpevole”. La difesa ha messo in luce le presunte falle dell’impianto accusatorio: secondo Martin e Roffo, Cecere e Cella non si conoscevano e non esisteva alcun legame, neppure nascosto, con il commercialista Soracco. Nessuno, inoltre, ha collocato l’ex insegnante nello studio il giorno dell’omicidio, e persino il bottone rinvenuto sulla scena non corrisponde a quelli della sua abitazione.
L’avvocata ha ribadito che la partenza da Chiavari dell’imputata non era una fuga, ma legata alla volontà di completare l’ultimo anno integrativo per ottenere il diploma quinquennale e iscriversi all’università. Cecere aveva mezzi sufficienti per vivere e lavorare, e il suo carattere e comportamento non corrispondono a chi avrebbe potuto compiere un omicidio. Non emerge alcun movente plausibile, e secondo la difesa “è doveroso individuare non una verità, ma la verità, che si fonda su certezze”. Martin ha aggiunto: “In questo processo sono emersi elementi confusi che non vanno oltre il ragionevole dubbio. Le emozioni non possono sostituire i fatti e le prove. Non esiste prova certa né indizi concordati che colleghino Cecere all’omicidio, né direttamente né indirettamente”.
La difesa ha sottolineato che quel giorno Nada Cella era già sotto stress e non voleva recarsi nello studio di Soracco per motivi personali, mentre Cecere stava andando a lavorare a Santa Margherita Ligure. La legale ha concluso chiedendo la libertà della sua assistita, “una donna innocente ingiustamente accusata”.
A intervenire subito dopo è stato l’avvocato Andrea Vernazza, difensore di Marco Soracco. Vernazza ha respinto con fermezza le accuse di favoreggiamento, sottolineando che il commercialista è stato a sua volta una vittima della vicenda e che non vi sono prove che possa aver nascosto informazioni sull’autore del delitto. “Soracco non ha mai ritardato a chiamare i soccorsi e non aveva alcun interesse a favorire Cecere, che anzi lo odiava e detestava”, ha dichiarato il legale. Vernazza ha messo in discussione la solidità delle prove e ha respinto l’idea che Soracco potesse custodire segreti: “Soracco è sempre stato stimatissimo, non c’è alcun elemento concreto che dimostri segreti da custodire”.
Dubbi sono stati sollevati anche sull’alterazione della scena del crimine: la spillatrice indicata come arma del delitto sarebbe stata usata dalla scientifica durante le indagini, mettendo in discussione l’integrità delle prove raccolte. Vernazza ha inoltre criticato il lavoro della criminologa Antonella Delfino Pesce, che con l’avvocata Sabrina Franzone ha riletto le carte della vecchia indagine. Secondo la difesa, Pesce si sarebbe presentata come studentessa, senza rivelare di svolgere indagini difensive, rendendo illegittime le prove da lei raccolte.
La parola passerà nuovamente alla difesa di Cecere il 4 dicembre, mentre il 18 dicembre è prevista la sentenza. In questo processo, che riapre un caso vecchio di quasi trent’anni, le difese puntano a smontare l’impianto accusatorio, sottolineando la mancanza di prove certe e la necessità di una verità fondata sui fatti.