Non solo i dazi di Trump: a preoccupare i giapponesi è l’aumento esponenziale del prezzo del riso
I dazi trumpiani decisi per il Giappone ammontano al momento al 25% per l’esportazione di auto, e al 24% sul resto delle importazioni. Una situazione molto grave per l’economia nipponica, se non si concretizzeranno i cambiamenti che il primo ministro Ishiba Shigeru (sceso ai minimi storici di gradimento popolare) intende riuscire a ottenere al più presto dall’amministrazione statunitense. La strategia sembra consistere nel non affrontare stizziti il presidente Trump, ma nel convincerlo con incontri istituzionali, come quello avvenuto a Washington il 23 maggio (terzo incontro a livello ministeriale tra i due Paesi) tra Akazawa Ryosei, ministro della Rivitalizzazione economica, e Jamieson Greer, responsabile del Commercio U.S.A. Durante il colloquio, i due funzionari si sono accordati per una decisione da prendere a lato del vertice G7 di metà giugno in Canada, a cui parteciperanno di persona Donald Trump e Ishiba Shigeru. Akazawa proprio oggi è ripartito per Washington, per un ulteriore giro di colloqui.
Qualche segnale di ottimismo da parte giapponese deriva dal post di Trump apparso sui social, secondo cui il presidente statunitense si sarebbe finalmente convinto a sostenere l’acquisizione di U.S. Steel da parte della massima azienda giapponese dell’acciaio Nippon Steel, proposta che sta andando avanti da due anni, fra accettazione e negazione da parte del governo nord americano.
In realtà si viaggia nell’ambiguità, perché ciò che Trump ha affermato è di “sostenere una partnership tra le due aziende”, dunque non è esattamente chiaro cosa intenda, e se diventerà realtà il fine di Nippon Steel di rendere l’azienda statunitense una sua società sussidiaria, garantendo comunque assunzioni in loco e ulteriori investimenti. Da parte dell’azienda giapponese si evidenziano sintomi di stanchezza e non si accetta di buon grado che il governo nord americano continui a interferire politicamente su una trattativa tra due aziende private di settore, che da tempo si erano accordate. Ma tant’è. Già il presidente Joe Biden aveva fermato l’acquisizione, cosa che ha fatto anche Trump. Bisogna inoltre considerare che il Giappone è la nazione che investe maggiormente negli Stati Uniti e che le ditte automobilistiche così come quelle del settore alimentare hanno espanso notevolmente la produzione locale, contribuendo alla prosperità dell’economia Usa. Ed è su questo e altri punti che i giapponesi insisteranno per raggiungere l’annullamento delle tariffe, oltre che acconsentire all’aumento della spesa militare delle sedi dei marines in Giappone, come chiesto dal governo statunitense.
Nel frattempo nelle case delle cinque isole nipponiche si fanno i conti, e ci si trova a dover scegliere se comprare il riso prodotto localmente – sempre più caro e meno disponibile come quantità – o “abbassarsi” a servirsi del riso importato da altre parti del mondo. Sembrerebbe un problema di poco conto, mentre invece è di fondamentale importanza sia dal punto di vista economico che morale. Il “kome” ovvero il riso giapponese è il prodotto base e integrale della dieta quotidiana, oltre ad essere vanto e simbolo della nazione. Dalla metà del 2023, a causa dell’aumento delle temperature, la produzione ha cominciato a scendere. Inoltre l’aumento del turismo ha comportato il fatto che i ristoranti servano più quantità di riso. Se non bastasse, l’allarme per un possibile terremoto nella Fossa del Nankai, l’area che delimita a sud la costa dell’arcipelago dove è situata la capitale, ha scatenato il panico tra la popolazione.
Secondo una indagine del quotidiano Asahi Shimbun, una vasta selezione di riso nipponico al momento costa 5.000 yen (35 euro, escluso l’8% di tassa di consumo sugli alimenti) per 5 kg, dunque molto caro al punto che, per venire incontro alle famiglie, da alcuni giorni si stanno mettendo sul mercato migliaia di tonnellate di riso nipponico, prodotto in anni precedenti a prezzi ribassati quasi della metà, ma solo attraverso acquisti online.
Dal riso al dente di leone, la pianta che quando i frutti sono maturi diventa quell’insieme impalpabile che al minimo soffio si disperde. Il film di animazione “Dendelion’s Odissey” della regista Seto Momoko, ha vinto il Premio della Federazione Internazionale della Critica al recente Festival di Cannes, raccontando proprio l’originale quanto affascinante avventura interstellare di quattro semi di denti di leone.