“Il progetto di riforma della giustizia non ha nessuna finalità di equilibrio processuale – questa è la propaganda in cui molti cadono – ma ha finalità di controllo politico sulle Procure… Mi dispiace che la avvocatura, nelle sue rappresentanze, faccia finta di non capirlo (ma molti lo capiscono ma non lo dicono..)”. Lo ha affermato il giudice della Corte di Cassazione Raffaello Magi in un articolato post sui social. Anticipando di qualche ora l’intervento del vicepresidente Csm Fabio Pinelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione, col quale l’avvocato leghista ha parlato proprio della necessità “di riequilibrio dei poteri”.

Dottor Magi, quindi le parole del vicepresidente Pinelli sono state solo propaganda?
L’obiettivo del mio post era un altro: sollecitare un dibattito tra gli amici avvocati che sinora hanno insistito sulla necessità di questa riforma, e poi non ho capacità preveggenti delle parole del vicepresidente del Csm…”. (Sorride).

Raffaello Magi è un nome molto ascoltato in magistratura: estensore della sentenza Spartacus, divide con l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho la fama di massima autorità sulla storia e le ramificazioni del clan dei Casalesi, non si è mai tirato indietro nel dibattito pubblico sul funzionamento della giustizia. E tranne una brevissima esperienza da pm durante il tirocinio, ha sempre e solo fatto il giudice.

Come questa riforma realizzerebbe il controllo politico sulle procure? Con la separazione delle carriere?
La separazione delle carriere nei fatti esiste già al 99,9%, visti i limiti normativi e il numero infinitesimale di magistrati che passano da una funzione all’altra.

Allora come avverrebbe?
I punti qualificanti e preoccupanti della riforma sono altri: il doppio Csm e il sorteggio della componente togata. Il sorteggio della componente togata svuota l’autorevolezza e rappresentanza di chi andrà a rappresentarla in Csm, non sarà frutto di una selezione tra gruppi che hanno storia, cultura e organizzazione alle spalle. Mentre il Parlamento continuerà a nominare persone con una robusta esperienza alle spalle e le capacità di orientare le scelte dell’organo di autogoverno.

Quindi?
Un doppio Csm così composto, con la parte di nomina parlamentare che avrebbe un’incidenza più forte sull’investitura del capo dell’ufficio tenuto a fare le indagini, potrebbe portare ad una Procura timida verso certi interessi ed attratta nell’orbita del potere esecutivo. Ricordiamo che la scelta di far partire o meno il processo è solo della procura, e se la procura non mantiene una sua forte caratura e indipendenza, certi processi, come quelli sulla pubblica amministrazione e sui poteri economici forti, rischiano di non partire mai. Sono cose che come Anm stiamo dicendo da tempo. Ma non c’è ascolto, manca un reale dibattito nel Paese e si spendono fome di semplificazione dialettica come quella del riequilibrio processuale.

L’avvocatura afferma che con la separazione delle carriere si realizzerà il principio costituzionale del giusto processo.
La camera penale in particolare continua a cavalcare questo tema, forse per ragioni storiche – una sorta di bandiera ideologica della categoria – ma la realtà dice cose diverse. Il giusto processo non dipende dalla separazione delle carriere che di fatto già esiste, ma dalla corretta applicazione delle norme che esistono a partire dalla riforma del 2001. E’ una posizione miope rispetto ai veri contenuti della riforma.

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