Il mondo del calcio sta assistendo a una fase di implementazione di stringenti regolamentazioni antiriciclaggio, che interessano direttamente le società calcistiche e gli agenti. Il Parlamento europeo ha di recente approvato un regolamento che obbliga i 27 Stati membri dell’Ue ad adottarlo entro i prossimi 36 mesi. Questo regolamento, concepito per contrastare i flussi di denaro sporco derivanti da evasione fiscale o attività illecite a livello internazionale, colpisce in modo particolare il calcio professionistico, noto per la sua popolarità globale e i vasti interessi finanziari.

La nuova normativa richiede che “agenti/procuratori calcistici” e “società calcistiche professionistiche” monitorino i flussi finanziari e verifichino la legittimità delle operazioni, astenendosi dalle transazioni sospette e segnalandole alle autorità competenti, un obbligo simile a quello imposto a banche e notai. Tutte le società calcistiche professionistiche con una licenza di partecipazione ai campionati e un fatturato annuo superiore a 5 milioni di euro dovranno attuare questo monitoraggio, sebbene gli Stati membri possano introdurre regolamenti più severi anche per società in situazioni particolari o marginali.

Finanziatori, agenti/procuratori, azionisti e sponsor di queste potenti società calcistiche saranno soggetti a un rigoroso processo di verifica della clientela che include il controllo dell’identità dei contraenti, che nel mondo del calcio ha già visto casi di prestanome e identità fittizie, e l’identificazione del beneficiario effettivo, cruciale per chiarire la struttura proprietaria e di controllo del cliente. Le complicazioni aumentano con l’introduzione di sanzioni internazionali contro paesi e individui considerati ostili, che i nuovi soggetti regolati devono esaminare accuratamente per assicurare la conformità e prevenire il riciclaggio di denaro.

Tuttavia, la mia esperienza nel settore bancario mi induce a pensare che l’applicazione di normative simili nel mondo del calcio possa essere problematica. Tradizionalmente, le banche, che sono stati i principali attori delle politiche antiriciclaggio, hanno mostrato inefficacia nell’applicare queste regole. Come evidenziato nel mio libro Io vi accuso (Chiarelettere, 2015), gli istituti di credito tendono a segnalare solo i clienti di minor rilievo, ignorando coloro (clero, lobby dei cinesi, influencer e vip, ecc) che gestiscono grandi somme di denaro anche attraverso società fiduciarie appartenenti allo stesso gruppo bancario. Questo comportamento “selettivo” sottolinea le lacune delle attività di controllo delle regolamentazioni antiriciclaggio, che consentono alle banche di operare in una zona grigia.

Pertanto, perché non considerare che anche nel calcio, dove si muovono interessi economici paragonabili a quelli del sistema bancario, possano emergere problemi simili? Controlli severi sono cruciali per assicurare l’efficacia della regolamentazione, ma richiedono un’implementazione rigorosa e una vigilanza costante per prevenire abusi e trasgressioni. Le autorità competenti, inclusa la nuova authority Amla e le Financial Intelligence Units, dovranno lavorare molto per colmare le lacune esistenti e garantire che le regole non siano solo un deterrente formale, ma uno strumento efficace contro il riciclaggio di denaro.

In conclusione, mentre gli attori del mondo del calcio dovranno navigare in un ambiente molto più regolamentato e potenzialmente meno lucrativo, l’efficacia della nuova normativa dipenderà dalla capacità delle autorità di imporre controlli rigorosi e equi, evitando le insidie e le inefficacie già osservate nel settore bancario.

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