Per la prima volta nella storia italiana, dal 30 aprile aumenta il limite soglia d’inquinamento elettromagnetico. In applicazione dell’art. 10 delle legge n° 214 del 30/12/23, voluta dal ministro Adolfo Urso e delle multinazionali del 5G, entra in vigore la norma che legittima picchi di densità di potenza del wireless anche di 100 volte in più rispetto a quanto fino ad oggi e da circa 30 anni consentito, nonostante gli appelli alla prevenzione del danno e le richieste dalla comunità scientifica indipendente per scongiurare il salto nel buio.

Pur essendo notoriamente le radiazioni onde non ionizzanti degli agenti possibili cancerogeni, per cui l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC-OMS) proprio in questi giorni ha annunciato la rivalutazione nella cancerogenesi, e nonostante i primi casi di studio in vivo dimostrino chiaramente i pericoli del 5G per la salute umana, da fine mese gli uffici tecnici comunali saranno presi d’assalto dell’industria delle telecomunicazione per aumentare le soglie nelle circa 100.000 antenne già installate, in attesa di montarne altre. Un vero pugno allo stomaco soprattutto per chi già soffre con gli attuali limiti e – come testimoniato in questo video – si spinge a chiedere aiuto “per non morire di elettrosmog”: riconosciuta la malattia elettromagnetica in Calabria e Basilicata, ma non dal Ministero della Salute, che ha negato i livelli essenziali di assistenza contrariamente alla disabilità certificata in Svezia e Olanda.

Non solo. Perché il Governo Meloni (da me già definito ipocrita) s’è pure reso protagonista di un’altra grave sospensione democratica. Per aumentare l’elettrosmog non ha convocato la Conferenza Unificata prevista per legge, né ha ascoltato il parere del Comitato Interministeriale per la riduzione dell’inquinamento elettromagnetico, da adottare secondo la legge Quadro 36/2001. Resteranno quindi vane le opposizioni del consiglio regionale dell’Emilia Romagna e dei Comuni che hanno approvato delibere per la precauzione, formalizzando “una forte presa di posizione politica, esprimendo la propria decisa opposizione a qualsivoglia aumento dei limiti dei campi elettromagnetici ad oggi vigenti (pari ai 6 V/m), evidenziando che nessuna ragione – tecnica, tecnologica, economica o anche solo di semplice allineamento a dei valori limite superiori già vigenti in altri paesi Ue – può giustificare un rischio di salute per la popolazione, nonché, e più in generale, per l’intera biodiversità (intesa come flora e fauna) dell’ecosistema.”

Ma non c’è da stupirsi, è evidentemente un vizio degli esecutivi ignorare le richieste dei territori, se già nel 2020 il Governo Conte aveva imbavagliato oltre 600 Comuni d’Italia per la moratoria sui pericoli del 5G.

C’è però ancora un modo per esprimere il proprio dissenso: ho promosso il Disconnessi Day, una giornata nazionale di sciopero digitale, cioè – per abbassare la densità di potenza del wireless nel giorno stesso in cui viene aumentata – spegnere qualsiasi dispositivo digitale, niente Wi-Fi, smartphone, cellulari o social. Non è una semplice pratica di digital detox, una forma di disintossicazione dell’uso compulsivo delle nuove tecnologie, ma un’azione inedita di autodeterminazione digitale per mandare un segnale forte a Governo e multinazionali. Allo tsunami 5G io non ci sto!

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