Perché sono da sempre un corso d’acqua, di Kim de l’Horizon (traduzione di Silvia Albesano; Il Saggiatore), è un viaggio alla scoperta di sé e lungo le diramazioni di un albero genealogico. Un personaggio senza un’identità di genere ben definita si muove dai margini di Zurigo e approda ai lidi della demenza, disturbo di cui è vittima la nonna e che la costringe a fare i conti con il suo passato e a inventarsi una lingua per dare una dimensione all’impalpabilità dei ricordi e dell’esistenza.

Una scrittura fluida, come un processo di liberazione interiore, una storia nella quale i confini tra finzione e biografia sono aeriformi come quelli tra i sessi.

Donne da un altro pianeta, di Ono Miyuki (traduzione e a cura di Anna Specchio; Atmosphere Libri), è ambientato in un futuro remoto, dove le donne vivono sul satellite che orbita intorno alla Terra. Sono donne gigantesche e munite di artigli, e sono obbligate a rimanere incinte e partorire di continuo, e a cacciare, e poi cibarsi, degli umani di genere maschile. Le pandemie e il cambiamento climatico hanno reso la Terra un luogo invivibile. Le persone più povere vivono nelle baraccopoli e sono costrette a prostituirsi per comprare un corpo artificiale.

Queste e altre trovate compongono i cinque racconti dell’autrice giapponese. Storie brevi che descrivono un futuro socialmente capovolto, che brillano per originalità e per la capacità di riscrivere il genere Sci-Fi.

Il colore della melagrana, di Anna Baar (traduzione di Paola Del Zoppo; Voland), è una storia di sopravvivenza alla propria memoria. Ogni estate una ragazza lascia la sua casa in Austria per andare ad accudire la nonna su un’isola dalmata. È un micromondo, quello isolano, un retaggio del passato, dove le persone rendono omaggio al maresciallo Tito e celebrano la vittoria sui nazisti.

Il romanzo dell’autrice austriaca è la storia di un’anziana donna testimone della disgregazione della Jugoslavia, delle incomprensioni tra generazioni e linguaggi, dei paesaggi dalmati e dei silenzi colmi di parole. Una narrazione originale, capace di unire due mondi e due culture.

La donna dai due volti, di Haifa Bitar (traduzione di Alessandra Amorello; Atmosphere Libri), è un potente romanzo psicologico che si sviluppa sul doppio punto di vista psicologico e ottico, un tracciato narrativo che vuole scardinare l’immagine stereotipata della donna araba per regalare ai lettori una protagonista inedita.

L’autrice siriana è brava a seguire i tentativi di Nazik, quarantenne che ambisce a diventare una scrittrice di successo, e che sgomita per trovare il proprio spazio in un ambiente dominato da uomini misogini e megalomani. Il libro esplora l’arda quotidianità di una donna divorziata in una famiglia puritana del Medio Oriente, e lo fa con un linguaggio semplice e diretto.

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