Matija Bećković fin dalla prima raccolta di poesie ha elaborato un linguaggio personalissimo, diventando il rinnovatore della lingua poetica serba. La sua opera ha messo in risalto il valore filologico della lingua madre che lo colloca tra i grandi rappresentanti della poesia del nostro tempo. La sua è una poetica di tendenza tradizionalmente lirica, con spiccato intellettualismo e costante meditazione sulla condizione umana. Per i temi trattati, sulla libertà e sulla morale, una forma di mediazione poetica tra l’io e gli accadimenti che si attraversano, è considerato custode del lirismo e della spiritualità poetica della propria lingua.

S.Š.

Ti amo

Tra due paragoni mentre guardo di sfuggita
Tra due fuochi ardenti sulle tempie
Nelle pause quando gli operai bevono latte fuligginoso
E il polline d’aria s’attacca ai bronchi
Mentre suggo il miele dal mio dire e lo verso nelle tue orecchie
Tra due lontani paragoni
Ti amo

Le barche si cullano come baci
E uno strato d’aria si infrange in belle ombre
Nell’intrico della notte
Il mio cuore è una macchina compressa
Portato ad essere vicino a ciò che mi è alieno
Mentre cerco di scomparire nel bacio
Ti amo

Miniere di sodio nel mio cuore
L’alba frantuma le stoviglie di porcellana
Quando sei con me so che sei altrove
Diventerò polvere se ami la polvere
Tu che mi chiami con altro nome
Ti amo

Arriva la primavera è una vera signora
Non può immaginarsi senza cagnolino
Mettimi il guinzaglio attorno al collo e portami
La strada la conosco – mi calo nella tua ombra
Sono la tua ombra e la notte è il mio regno
Il mondo mi ha perduto ma tu mi hai ritrovato
Ti amo

Quel che vide il cieco non ha visto l’innamorato
O angelo peccaminoso o neve d’agosto
Le mie mani sono restate come cerchio intorno a te
Geloso del tocco dell’aria e dell’acqua
L’acqua amorosa che brucia mentre ti bagni
Già da tanto non credo ai miei occhi
Ti amo.

(Notizie di Čminta)

Proprio in quegli anni il Maestro si ammalò.

All’inizio sembrava che non fosse niente,
Gli si gonfiava la lingua e si ingrossava il cuore,
E di giorno in giorno peggiorava.

Lo medicavano con ogni cosa che sapevano,
Offrivano ogni risparmio e comunione
Tutto ciò che sapevano e conoscevano
Lo nascondevano dai bambini – perché malato:

Dalle molliche di festa consacrate
Che si tengono per quanto servirà –
Fino al fico che non si mangia
Ma che si mette e si toglie dalla bocca,
Ma lui si consumava e perdeva la parola,

Chiudeva e apriva gli occhi a fatica
Si spegneva a vista d’occhio.

Già i vermi si rallegravano,
Lucertole e insetti speravano
Che sarebbe arrivato adesso ancora in carne.

Solo per la gente era vivo ancora.

Bisogna vendere cara la propria pelle

Bisogna vendere cara la propria pelle
Sono forti quelli che sognano la morte.
Sono deboli quelli che sperano nella vita.
È stupido morire senza aver lottato
Prima di finire nella tomba scavata
Devono sentire le nostre condizioni
Quelli che sono morti senza dire parola e testo
Hanno perso l’ultima occasione.

Tutto ciò che la persona ha da dire
Può dire sotto il cappio.
È andata peggio a quelli che non hanno parlato.
Ci potevano lasciare le foto e le bestemmie.

La poesia non la scriverà più nessuno

La poesia non la scriverà più nessuno
Gli oggetti descritti abbandoneranno la poesia
Insoddisfatti per come sono stati finora imbrattati e tradotti
Tutto ciò che era oggetto della poesia
Si metterà contro di essa e la sua vigliaccheria!
Le cose mostreranno quello che non sono stati capaci di fare
i poeti.
Il mare – antica lettura dei poeti abbandonerà la poesia per sempre
E tornerà alla sua tomba dove è cresciuto.
Il tramonto compromesso nella poesia,
Il cielo stellato portato fino al kitsch,
Alzerà le mani dalla poesia!
Le rose insistono con i propri colori
E non accetteranno la volubilità del poeta.
La parola libertà fuggirà dalla poesia e ritornerà al suo
significato.
I poeti non avranno una lingua in cui scrivere.
Tra la poesia e il poeta non ci sarà alcuno
E le poesie allora attaccheranno i poeti,
Chiedendo loro di mantenere le promesse.
I poeti cercheranno di sfuggire dinanzi a quello che hanno detto,
Ma li colpirà ciò che immaginavano e prevedevano.
La poesia richiederà le loro vite
Perché le sue metafore diventassero veritiere e confermate.
Nelle nuove generazioni:
Nessuno vorrà a questo prezzo essere poeta,
E non si può essere poeta altrimenti in tanta menzogna.
I futuri poeti faranno cose più intelligenti.
L’uomo libero non accetterà di scrivere poesie
E solo per questo essere considerato poeta,
E non si può essere poeta in un altro modo.
L’albero, fino a ieri considerato simbolo nella poesia,
Canterà in piazza sul suo passato oscuro
E nessuno lo potrà sostituire
Perché conosce sé stesso più di ogni altro!
I veri poeti saranno contro la poesia,
E i veri poeti ovunque nel mondo hanno lo stesso pensiero.
A causa della reputazione agli occhi di veri poeti,
La poesia non la scriverà più nessuno.

Nell’attimo estremo

Nell’attimo estremo sotto il cappio, di fronte al fucile
del mio contegno penso da uomo,

ho paura, nel panico, in quell’ultima sera
di non gridare qualcosa che qualcuno già aveva detto!

(All’indomani avrebbero scritto nel mio necrologio –
con la foto di qualcun altro e con la scritta errata:

«Anche sotto il cappio tutto ciò che ci ha detto
molto prima di lui – aveva detto qualcun altro!

Tutto ciò che aveva bestemmiato, tutto ciò su cui aveva sputato
tutto ciò non è nulla, tutto ciò già si era visto!»)

Matija Bećković (serbo cirillico: Матија Бећковић) è uno dei più importanti poeti serbi del XX secolo. Nato il 29 novembre 1939 a Senta, da genitori montenegrini, ha frequentato il liceo a Valjevo e si è laureato alla Facoltà di Filologia dell’Università di Belgrado. La raccolta di esordio Vera Pavladoljska (1962), edizione bibliofila è esposta al Museo Gutenberg e al Museo dell’Arte Moderna di New York, è tuttora considerata l’emblema della sua poetica. L’opera omnia del poeta, tra i titoli, include le seguenti raccolte di poesia: Il proiettile vagante (Metak lutalica) (1963), Così parlò Matija (Tako je govorio Matija) (1965), Un uomo mi disse (Reče mi jedan čoek) (1970), Ahimè misero me (Lele i kuku) (1978), Due mondi (Dva sveta) (1980), Notizia (Kaža) (1988), Piccolo di chi sei? (Čiji si ti mali?) (1990). Le ultime tre raccolte sono: 100 miei ritratti (100 mojih portreta) (2018), I miei 80 ritratti (Mojih 80 portreta) (2019), Quando nascerò di nuovo (Kad se ponovo rodim) (2019). È membro dell’Accademia Serba delle Scienze e delle Arti (SANU). S.Š.

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Quattro libri, diverse interpretazioni di genere

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