Ancor prima di parlare dell’argomento a me caro, ovvero le intercettazioni, voglio esprimere il mio dispiacere per la vicenda del professor Luciano Canfora, e mi auguro che Giorgia Meloni presenti quanto prima la remissione di querela.

Detto ciò, dopo aver visto la presidente Meloni rendere omaggio a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, m’ero quasi convinto che finalmente qualcosa sarebbe cambiato. Ma ahimè, invece registro l’infedeltà di alcuni politici, come se “Mani pulite” non avesse insegnato nulla. Mi riferisco agli ultimi accadimenti di Bari, Torino, Sicilia e Avellino, che ovviamente non hanno nulla a che vedere con la presidente Meloni.

Il comportamento di tali politici non mi meraviglia affatto: sono anni e anni che questo rapporto mafia/politica va avanti e di certo non si fermerà nemmeno ora. Ricordo da ragazzo che il connubio mafia/politica era platealmente esibito in pubblico, specie nelle tornate elettorali. Oggi, quasi coetaneo del prof Canfora, affermo che ho perso ogni speranza sull’onestà di alcuni Amministratori pubblici. E pensando ai miei migliori amici uccisi da Cosa nostra per aver onorato quel giuramento di fedeltà verso lo Stato, e constatando con quale leggerezza uomini dello Stato e della politica tradiscono quel giuramento, sto davvero male.

Io non mi feci corrompere da due mafiosi che mi offrirono 65 milioni di lire per non essere arrestati: feci soltanto il mio dovere e lascio in eredità ai miei nipoti un gesto da seguire. Il tradimento di uomini appartamenti alla Pubblica Amministrazione sta assumendo proporzioni allarmanti. Uomini che vigliaccamente veleggiano sul mare tempestoso del ladrocinio e per giunta non si vergognano nemmeno più. Mi fanno pena oltre che ribrezzo. La cosa che colpisce di più è che nonostante il ladrocinio seriale, questa maggioranza di governo, con l’apporto del pupiddu di Rignano (pupiddu significa bell’uomo e quindi non è offensivo), invece di proporre una serrata lotta alla corruzione, si pensa di modificare l’uso delle intercettazioni.

Il ricorso alle intercettazioni dovrebbe essere la linfa per dar impulso alle investigazioni. Invece si reitera quel modus operandi tanto caro a Silvio Berlusconi. Quest’ultimo palesava apertamente la contrarietà sull’uso delle intercettazioni, aggiungendo forte dissenso con epiteti, contumelie e offese all’indirizzo dei magistrati. Persino la sua componente partitica non lesinò esternazione di contrarietà verso la magistratura, tant’è che manifestò pubblicamente con la nota pupiata innanzi al Palazzo di giustizia di Milano. Alcuni politici non accettano d’esser intercettati e sanno benissimo che le intercettazioni sono uno strumento essenziale per scoprire reati. Persino il ministro Nordio, ex pm, ha affermato che i mafiosi non usano i cellulari negli attentati e io sono stato costretto a far rilevare il contrario, con elementi fattuali.

Oggi, dopo anni che scrivo sulla necessità di non toccare le intercettazioni, sono ancora qui a ribadirlo. E’ inutile che ci giriamo attorno: le misure che si vogliono introdurre per rendere più difficili o limitare temporalmente le intercettazioni altro non sono che il fine auspicato dalla casta e dei “colletti bianchi”. Costoro vogliono pascolare indisturbati nel verde prato del malaffare, e quindi assicurarsi sonni tranquilli, in barba a chi agisce con onestà. Per dirla in maniera schietta, non vogliono che si scoperchi la pentola degli affari illeciti, per vivere felici e mafiosi.

Da tempo le intercettazioni telefoniche e ambientali rappresentano la spina nel fianco di una certa classe politica. Ritengono che l’uso di siffatto mezzo sia un’ingerenza di campo e quindi dev’essere limitata l’azione investigativa. Ditelo chiaramente: noi politici e amici degli amici non vogliamo essere intercettati, punto. E invece no, appena un politico viene beccato a delinquere grazie alle intercettazioni subito gridano allo scandalo della “giustizia ad orologeria”.

Le modifiche sull’annunciata riforma della giustizia, comprese le intercettazioni, a mio parere appaiono come un mezzo per agire indisturbati. Noto con sommo dispiacere che spesso elogiano la magistratura, citando persino l’operato dei due galantuomini siciliani, Falcone e Borsellino, ma quando pizzicano qualcuno del loro entourage politico ecco che scatta la difesa a oltranza. Nei prossimi mesi di maggio e luglio, quando commemoreremo i magistrati Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, i miei colleghi della polizia di Stato, carabinieri e altre vittime di mafia, per favore evitate di deporre corone d’alloro: state lontano da quei luoghi che rappresentano la pietra miliare del sacrificio, dell’onore e fedeltà verso lo Stato.

Chinnici, Falcone e Borsellino mai avrebbero chiesto di limitare le intercettazioni. Anzi, se all’epoca ci fossero stati i trojan, sono certo che ci avrebbero autorizzati a usarli a carattere industriale. Il che è tutto dire!

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