In una nota considerazione, scritta nel 1916 introducendo il volume Teoria e storia della storiografia, Benedetto Croce sostiene che la storia, anche quella dedicata al più lontano passato, è sempre “contemporanea […], perché è evidente che solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato“. Alla luce di questa considerazione – visti i nostri tempi bellicosi, con due guerre vicinissime, in Ucraina e in Israele/Palestina – non è affatto un caso se nelle Marche, per la parte iniziale (ad Ancona fino al 14 aprile) del primo festival dedicato a Federico II di Svevia (Jesi, 1294 – Castelfiorentino/ Foggia, 1250), sia stato scelto questo titolo: Stupor Mundi. Cercare la pace e stupire il mondo; con un chiaro riferimento alla cosiddetta “crociata pacifica” che il re e imperatore normanno-svevo condusse in Terra Santa nel XIII secolo.

Il tema adottato per la prima parte del festival, pensando alla considerazione di Croce, non può che far venire in mente soprattutto il conflitto in corso nella Striscia di Gaza tra Israele e la fazione integralista e terroristica Hamas, che ha (anzi, aveva) il controllo della Striscia: ne hanno fatto le spese prima gli israeliani aggrediti da Hamas il 7 ottobre 2023 – con oltre 1200 vittime in quella giornata, circa 240 ostaggi sequestrati e 100.000 sfollati tra il Nord e il Sud del paese – poi i civili palestinesi, con oltre (finora) 33.000 persone massacrate nel corso della durissima e sproporzionata reazione del governo israeliano.

Al centro del dibattito legato a quest’ultimo tremendo conflitto non c’è purtroppo la ricerca della pace cui fa riferimento il titolo del festival federiciano; semmai il mondo si sta stupendo per l’orrore cui assiste ogni giorno. Invece 8 secoli fa, in quella stessa area geopolitica, si svolse la citata “crociata pacifica”: accadde nel 1229, grazie agli accordi diplomatici tra il cristiano Federico II, pressato dal Papa a colpi di scomuniche affinché ne facesse una non-pacifica, e l’islamico sunnita Al-Malik al-Kamil, sultano di un vasto territorio che andava dall’Egitto alla Siria e includeva la Terra Santa.

Erano due fan della pace, precursori del buonismo? Macché. Come ha spiegato oggi la medievista Marina Montesano nel suo intervento, “l’interesse politico entrò certamente nel patto fra i due, che non vanno scambiati per ‘pacifisti’, termine che all’epoca non avrebbe avuto senso; entrambi, però, considerarono che l’assenza di guerra, per una questione che si poteva risolvere altrimenti, fosse una buona mossa”.

Lo Svevo infatti era già impegnato a contrastare – in modo tutt’altro che pacifico – con i suoi avversari in Italia: i Comuni del Nord alleati di Milano e i supporter del Papato; il sultano aveva grane analoghe nel mondo musulmano, dato che era ai ferri cortissimi con i suoi fratelli. Quindi entrambi preferirono risparmiare risorse e soldati per destinarli agli altri problemi bellici. Raggiunsero così un accordo: il trattato di Giaffa del 1229 pose fine alle ostilità e permise ai cristiani di riprendere il controllo di Gerusalemme (era stato espugnata dai crociati, con una strage, nel 1099, per poi essere riconquistata dal Saladino nel 1187).

Alla morte di al-Kamil, nel 1238, la tregua finì e il dominio cristiano di Gerusalemme terminò con la riconquista ayyubide, nel 1244. Insomma, nel XIII secolo la pace durò pochi anni; come d’altra parte pochi anni sono durati i vari accordi “pacifici” raggiunti a cavallo tra XX e XXI secolo nell’area isrealo-palestinese. Resta il fatto che i due sovrani ci hanno lasciato intendere che l’idea di un Medio Oriente come terreno di incontro e convivenza, piuttosto che di guerre, non è così balzana. Di fronte alle stragi cui oggi stiamo assistendo con sgomento, la lezione dell’imperatore e del sultano potrebbe ancora esserci utile.

Non resta che attendere e sperare: forse pure nei nostri sconfortanti tempi si faranno vivi leader politici con un po’ di buon senso, almeno pari a quello degli antenati medievali. Nell’attesa, oltre alla considerazione di Croce, si potrebbe ricordare ciò che ha scritto, a metà degli anni Settanta del Novecento, lo storico francese Fernand Braudel, tra i principali esponenti dell’École des Annales, nel saggio Il Mediterraneo: “La storia non è altro che una continua serie di interrogativi rivolti al passato in nome dei problemi e delle curiosità – nonché delle inquietudini e delle angosce – del presente, che ci circonda e ci assedia”.

Ps: la seconda parte del Festival Stupor Mundi si svolgerà nella vicina Jesi, col titolo Condividere i saperi tra Oriente e Occidente, dal 9 all’11 maggio. Questa prima edizione – che ha come direttore scientifico il professor Fulvio delle Donne – propone le lezioni di molti storici, per lo più medievisti: come Franco Cardini, Umberto Longo, Amedeo Feniello, Alessandro Vanoli, Laura Minervini, Annick Peters-Custot, Oleg Voskoboynikov, Marina Montesano, Giuseppe Mandalà, Amedei Feniello, Francesco Panarelli, Francesco Violante, Francesco Paolo Tocco, Antonio Brusa e Antonio Musarra. Qui il programma: https://www.festival-stupormundi.it/.

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