Il peso crescente del Superbonus avvicina quest’anno il valore dei trasferimenti statali alle famiglie destinati a finanziare investimenti a quello dei sussidi della stessa natura girati alle imprese. Dalle tabelle del Def sul conto consolidato di cassa emerge infatti che nel 2024 i trasferimenti in conto capitale della pubblica amministrazione alle famiglie salgono a 38,3 miliardi dai 21,2 dell’anno prima, contro i 41,4 miliardi andati alle imprese (erano stati 33,4 nel 2022). L’anno prossimo il conto salirà a 39,8 miliardi per quanto riguarda le agevolazioni alle famiglie e scenderà a 39,7 per le imprese. Nel 2026 la tendenza si rafforza: 38,6 miliardi alle famiglie, 34 alle imprese. La differenza è che la prima voce è lievitata ben oltre le previsioni del Mef causa flop del decreto varato nel febbraio 2023 dal governo Meloni con l’obiettivo di fermare la misura introdotta dal governo Conte 2 ma in seguito più volte prorogata anche per volere dell’attuale maggioranza di centrodestra.

L’esplosione dei costi, che hanno gonfiato il deficit/pil 2023 e da quest’anno iniziano a scaricarsi pesantemente sul debito, ha indotto l’esecutivo a correre ai ripari in tutta fretta chiudendo i rubinetti con il decreto approvato a sorpresa a fine marzo, oltre un anno dopo il primo intervento. Ma non basta ancora: secondo Il Sole 24 Ore il ministero sta studiando un’ulteriore mossa per ridurre l’impatto sui conti del 2024. Come? Attraverso una nuova norma “spalmacrediti” – simile a quella approvata a fine 2022– che allunghi il periodo sul quale possono essere spalmate le detrazioni da Superbonus, che riducono la cassa dello Stato via via che i beneficiari sfruttano i crediti di imposta per pagare meno tasse.

L’idea è quella di portare a 10, dalle quattro attuali, le rate tra le quali dividere la detrazione spettante sulla base di cessione del credito o sconto in fattura. Riducendo di molto il peso sulle casse pubbliche, che allo stato attuale sarebbe nel solo 2024 di 21 miliardi. A una domanda sul tema il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, a margine dell’Ecofin in Lussemburgo, ha confermato che “se dipendesse da lui” andrebbe seguita la strada delle 10 rate, “però decide il Parlamento” dove il decreto è in fase di conversione.

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