di Enzo Marzo

Nell’ultimo numero del Nonmollare avevamo promesso che non avremmo pubblicato più Bêtise di Matteo Salvini, perché eravamo convinti che l’ineffabile avesse raggiunto il massimo, umanamente possibile, di cialtronaggine. Ebbene ci siamo sbagliati e chiediamo scusa ai nostri lettori. Il commento che ha rilasciato al termine della truffa buffonesca delle “elezioni” di Putin supera ogni livello. Ma ora non ci si può ridere su, come accadeva fin oggi a tutte le sue esternazioni, perché questa volta le sue parole, essendo state espresse dal vicepresidente del governo su una questione internazionale, legittimamente potrebbero essere prese come la posizione dell’Italia su questioni fondamentali come dittatura e democrazia, legittimazione dell’assassinio politico e assoggettamento prezzolato alla propaganda delle autarchie.

Alcuni rappresentanti del governo, non sapendo cosa dire, ne hanno fatto una questione formale di competenza; ma certamente non basta, perché qui non si tratta di ruoli (e poi un vicepresidente resta comunque più “responsabile politico” di un ministro degli Esteri). Capiamo che Salvini è portato a fare a gara in sconcezze filoputiniane col suo omologo Medvedev, ma come può pensare di superare lo sguaiato vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo? Quindi resta un problema non piccolo: l’Italia e la coalizione di maggioranza che purtroppo la rappresenta all’estero non possono avere un vicepresidente in dichiarata e buffonesca opposizione alla linea di governo. Ma esiste una linea di governo o solo un guazzabuglio di parole contraddittorie per uso di tutti gli elettorati possibili? In un qualunque paese con un minimo di decenza, la situazione sarebbe stata risolta con un metaforico rapido calcio nel sedere per buttare fuori dal governo un vicepresidente pagliaccio seriale.

In cuor loro – sono sicuro – i nostri governanti coté Colle Oppio e Garbatella stanno assaporando la soddisfazione che nella gara “votazioni truffaldine tra i dittatori criminali” Putin risulta addirittura umiliato dal loro Mussolini. Col suo 88,48% dei consensi, il liquidatore di tutti i suoi avversari, Putin, non è andato benissimo. Eppure aveva organizzato al meglio la truffa: ouverture con omicidio dell’Oppositore, selezione degli altri candidati, scheda bianca, voto palese, urna trasparente, addirittura voto telematico senza alcun controllo, truppe ai seggi, arresti à gogo: insomma uno spettacolo tragicomico che gli ha portato solo l’88,48% dei consensi. Che figura!

Anche Mussolini, facendo suo il convincimento di Matteo Salvini che “quando un popolo vota ha sempre ragione”, fece omaggio alla “democrazia” nel 1929 con le sue brave elezioni per la finale legislatura (1929-34) della Camera dei deputati che doveva “trasformare – secondo il suo Presidente, nda – l’Assemblea da palestra di ambizioni egoistiche, di congiure e di blaterazioni retoriche in strumento di feconda collaborazione e di illuminato controllo a servizio del regime”. Il Capo del fascismo fu molto più efficiente di quella macchietta tragica di Putin. Entrambi hanno ben preparato il regime facendo assassinare o incarcerare i principali oppositori, ma Mussolini – senza vergogna – si concesse la farsa di un vero e proprio plebiscito: si inventò addirittura due schede, una con il tricolore per esprimere palesemente il proprio voto per la dittatura, e una bianca per chi voleva proprio manifestare voto contrario imbustandola in una custodia trasparente.

Il risultato fu trionfale, votò l’89,34% degli aventi diritto: allora sì che non c’era né crisi della democrazia né l’assenteismo elettorale che tanto preoccupa i politologi d’oggi. Il 98,34% dei suffragi andarono al regime, roba da far arrossire la Bulgaria. E nel gioco di “ludi cartacei” su chi è l’autarca più ridicolo, l’Italiano surclassa lo zar pluriomicida superandolo di ben 9,86 punti percentuali. Una felicità totale per i fascioputiniani nostrani, ma pure soddisfazione limitata per i rossobruni clerical-stalinisti avvolti nella bandiera bianca.

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