“Abbiamo deciso di lanciare insieme una legge di iniziativa popolare per riproporre il salario minimo di nuovo in Parlamento. Per rafforzare i contratti collettivi e stabilire che sotto i 9 euro non è lavoro ma sfruttamento”. Firmato, in rigoroso ordine alfabetico, Angelo Bonelli (Europa Verde), Carlo Calenda (Azione), Giuseppe Conte (M5S), Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana), Riccardo Magi (+Europa), Enzo Maraio (PSI), Elly Schlein (Pd). Insomma, le opposizioni presenti in Parlamento, con l’aggiunta di qualche altra realtà, continuano la battaglia per il salario minimo – dopo che quando erano al governo l’hanno puntualmente lasciata in un cassetto – e annunciano di volerci provare con uno degli strumenti “dal basso” previsti dal nostro ordinamento: una Legge di Iniziativa Popolare (LIP).

Ma si dà il caso che in Parlamento sia già stata depositata una LIP per l’introduzione del salario minimo. È quella intitolata “Disposizioni sul salario minimo” e che, come Potere al Popolo! e Unione Popolare, abbiamo depositato al Senato il 28 novembre 2023. Parliamo di ieri, in termini politici, mica di un’era geologica fa!

La LIP, se approvata dalle Camere, permetterebbe l’introduzione di un salario di 10€ lordi l’ora, cifra cui dovrebbero adeguarsi tutti i contratti nazionali. Interamente a carico delle imprese, perché sarebbe una presa in giro una partita di giro che preveda che siano gli stessi lavoratori e le stesse lavoratrici a pagarsi l’aumento con le proprie tasse (come previsto dalla proposta delle opposizioni parlamentari).

La norma, inoltre, prevede l’agganciamento automatico all’aumento dei prezzi, così che lavoratori e lavoratrici non perdano potere d’acquisto a causa dell’inflazione. Un fenomeno più che attuale, visto che si stima che i salari italiani nel solo 2023 abbiano perso il 7,5% del proprio valore.

Dopo il deposito del 28 novembre, a metà dicembre la LIP è stata assegnata alla X Commissione del Senato. Stando al suo stesso regolamento (art. 74.3), “l’esame in Commissione deve essere concluso entro tre mesi dall’assegnazione. Decorso tale termine, il disegno di legge è iscritto d’ufficio nel calendario dei lavori dell’Assemblea”. Siamo ormai prossimi alla decorrenza dei termini, ma dalla X Commissione non è giunto alcun segno di vita. Certo, un segno di enorme rispetto nei confronti dei più di 70mila cittadini e cittadine che hanno messo la propria firma sulla proposta, partecipando alle centinaia di banchetti organizzati in tutta Italia e senza ricorrere alla raccolta online tramite Spid.

Eppure in quella Commissione siedono anche esponenti dei partiti di opposizione che oggi dichiarano di voler lanciare un’altra LIP sul salario minimo. Secondo la scheda presente sul sito del Senato ne fanno parte, ad esempio, Camusso e Furlan del Pd e Castellone del M5S. Solo per citare i nomi probabilmente più conosciuti.

Per di più, a dicembre, durante un incontro pubblico organizzato a Roma da Unione Sindacale di Base contro gli attacchi al diritto di sciopero lanciati dal ministro Salvini, avevo avuto modo personalmente di sollecitare i presenti Nicola Fratoianni (SI), Cecilia Guerra (PD) e Dario Carotenuto (M5S), una volta che la loro proposta era stata bocciata, a dare battaglia per la discussione e calendarizzazione della nostra LIP. Anche su quel fronte, però, niente si è mosso.

Se la LIP già depositata è ignorata non solo dalla maggioranza ostile al salario minimo, ma anche dalle opposizioni che dicono di volerlo introdurre, due possono essere le ragioni: motivi di merito, vale a dire la non condivisione del testo (vuoi perché 10€ l’ora sono considerati eccessivi, vuoi per la contrarietà all’introduzione di un meccanismo simile alla scala mobile, vuoi perché si vogliono offrire incentivi alle imprese), o di posizionamento. Viene cioè il dubbio che le opposizioni parlamentari abbiano bisogno di una bandiera da agitare, più che di portare a casa dei risultati.

Anche perché, se volessero migliorare concretamente le condizioni di vita di settori importanti di quei 5 milioni di lavoratori e lavoratrici che oggi guadagnano meno di 10€ lordi l’ora (o anche dei 3,5 milioni che ne percepiscono meno di 9€, la cifra proposta dalle opposizioni parlamentari), potrebbero spingere contemporaneamente su un’altra strada. Il centrosinistra, infatti, amministra tanti Comuni e tante Regioni. Utilizzando questa leva potrebbe – al di là degli atti di indirizzo politico – introdurre immediatamente delle regole che nei fatti vietino le paghe da cinque/sei/sette euro l’ora che nel mondo degli appalti sono più norma che eccezione.

Si potrebbe prevedere, a titolo esemplificativo, una clausola premiale negli appalti pubblici che assegni un punteggio maggiore alle imprese che garantiscano un salario minimo lordo di almeno 10€ l’ora per i livelli di inquadramento più bassi, nell’ottica di utilizzare il criterio del miglior rapporto ore di lavoro/retribuzione.

Il salario minimo è un bisogno della maggioranza del Paese. Un’urgenza. Le opposizioni parlamentari hanno la possibilità di fare qualcosa di concreto: utilizzare la LIP già all’esame della X Commissione Senato e promuovere il salario minimo, “dal basso” dei territori che amministra. Altrimenti rimaniamo sul livello dell’agitazione e delle campagne elettorali.

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