I numeri degli accessi abusivi realizzati dal finanziere Pasquale Striano sono “mostruosi“. E lasciano immaginare che dietro di lui possa esistere un sistema con dei mandanti. Ma finora “non sono emersi elementi che facciano pensare a finalità economiche” nè a legami con intelligence straniere. Lo ha detto il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, di fronte alla Commissione parlamentare Antimafia, da cui aveva chiesto di essere ascoltato a proposito dello scandalo degli accessi illeciti ai database delle Sos, le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette trasmesse da Bankitalia alla Guardia di finanza. Per questa vicenda la sua Procura indaga 14 persone, tra cui Striano, tenente delle Fiamme gialle ed ex responsabile del “gruppo Sos” alla Direzione nazionale antimafia, e il magistrato Antonio Laudati, pubblico ministero presso lo stesso ufficio. Un’inchiesta delicatissima, che con le nuove norme restrittive sui sequestri dei cellulari in discussione al Senato – avverte il procuratore – sarebbe forse stata compromessa.

“Nessuna anomalia nei conti di Striano” – Cantone cita l’audizione resa il giorno precedente dal Procuratore nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, secondo cui è difficile immaginare che Striano abbia fatto tutto da solo: “Si è parlato del tema dei mandanti e dei registi esterni. Condivido integralmente le parole del procuratore Antimafia sul fatto che i numeri lascino pensare ci sia altro dietro”, afferma. Ma questo “altro”, finora, non sembrano essere soldi, e per questo l’accusa di corruzione non è mai stata formulata. “Ovviamente abbiamo fatto tutti gli accertamenti possibili, e non ci sono indici che fanno pensare che Striano facesse la bella vita, che vivesse al di sopra delle sue possibilità. Il conto corrente ovviamente è stato vivisezionato, non penso di dire un segreto: se non lo avessimo fatto dovremmo tornare alle elementari. E non solo il suo, ma anche quello dei suoi familiari. Onestamente non abbiamo trovato alcun elemento che ci facesse pensare a finalità economiche”, riferisce Cantone nell’aula di palazzo san Macuto, seduto accanto alla presidente Chiara Colosimo (Fratelli d’Italia).

I numeri “mostruosi” degli accessi abusivi – Il conto degli accessi “è eccessivamente elevato e rende evidente che in quattro anni gli atti consultati sono stati tantissimi. I numeri inquietano perchè sono davvero mostruosi“, sottolinea il magistrato all’inizio dell’audizione, durata circa tre ore. Sulla base di quanto ricostruito dalle indagini, infatti, Cantone rivela che gli accessi abusivi compiuti da Striano sono stati ben più degli ottocento di cui si è parlato finora: “Dal 1° gennaio 2019 al 24 novembre 2022, Striano ha consultato 4.124 Sos all’interno della Banca dati Siva, un numero spropositato. Digitando il nominativo, ha cercato 1.531 persone fisiche e 74 persone giuridiche solo per quanto riguarda le Sos”. Inoltre, “ha cercato 1.123 persone sulla banca dati Serpico (piattaforma che contiene le informazioni tributarie, ndr): ma le ricerche potrebbero essere anche tremila, perché i nomi possono essere digitati più volte. E ha effettuato 1.947 ricerche sulla banca dati Sdi”. Insomma, “siamo ad oltre diecimila accessi e il numero è destinato a crescere in modo significativo”, riferisce il capo della Procura di Perugia.

“Nessuna prova di legami coi servizi” – Non solo. Striano “ha effettuato un download di 33.528 file dalla banca dati della direzione nazionale Antimafia. Quanti di questi dati possono essere utili per cento ragioni? Ci preoccupiamo della criminalità organizzata, della stampa, ma quante di queste informazioni possono essere utili anche, per esempio, ai servizi stranieri e a soggetti che non operano nel nostro territorio nazionale? Tra l’altro, tra i dati scaricati ci sono informative banali, ma anche atti coperti dal segreto”, riferisce Cantone (video). Tuttavia, precisa poi in risposta alle domande, la maggior parte degli atti di cui si è impossessato Striano non erano segreti, “e questo è un dato che ci ha tranquillizzato”. Inoltre, aggiunge, “non abbiamo nessun elemento per valutare una finalità eversiva e non ci risulta che lui abbia avuto rapporti con agenti stranieri”. In Procura a Perugia, spiega però Cantone, “riteniamo di voler approfondire il tema di una rete di relazioni di Striano. Il sospetto e l’idea” che esistesse un sistema, dice, “è forte, ma richiede la prova del mandante. Speriamo di aver qualche colpo di fortuna o collaborazione. Stiamo esplorando in questo senso delle strade, non ci fermeremo e alcune cose le diremo nelle sedi opportune“, aggiunge. Cioè, sembra di capire, il Copasir, la commissione parlamentare sulla sicurezza della Repubblica, le cui audizioni sono coperte da segreto. Sia Cantone che Melillo hanno parlato in giornata – sempre su loro richiesta – di fronte all’organismo.

“Con la nuova legge sui sequestri indagini più difficili” – Il magistrato inserisce nella sua relazione anche un riferimento al ddl Bongiorno-Zanettin sul sequestro dei dispositivi elettronici, in discussione in Commissione Giustizia al Senato. In base all’emendamento depositato nei giorni scorsi dal relatore Sergio Rastrelli (FdI) e concordato direttamente col Guardasigilli Carlo Nordio, ciò che adesso può fare il pm in autonomia (con un semplice decreto motivato) domani richiederà due successive autorizzazioni del gip: la prima per acquisire il dispositivo, la seconda per sequestrare su di esso “dati inerenti a comunicazioni, conversazioni o corrispondenza informatica“. Entrambi i provvedimenti saranno impugnabili al Tribunale del Riesame e poi in Cassazione. “Fatemi dire quanto sono importanti i sequestri dei cellulari, lo dico perché c’è in atto una modifica normativa che desta qualche perplessità”, afferma Cantone. “È evidente”, sottolinea, “che la riforma porterà aggravi di non poco momento. Stiamo stravolgendo il codice di procedura penale, ormai stiamo ripristinando la figura del giudice istruttore”, lamenta.

I rischi per la segretezza – Non solo: per poter chiedere il sequestro al giudice sarà necessario spiegargli perché l’acquisizione dei contenuti è “assolutamente indispensabile”, e questo, nota il procuratore, “imporrà la discovery degli atti“, cioè la rivelazione alla difesa delle carte il mano al pm, “in fasi ancora delicate dell’indagine”. Insomma, una norma del genere “certamente avrebbe reso molto più complicati gli accertamenti su Striano, e anche su molti altri processi” (video). Ma il centrodestra non ha intenzione di fermarsi: mercoledì in Commissione sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati dalle opposizioni, tra cui quelli del Movimento 5 stelle mirati a semplificare la procedura, prevedendo una sola autorizzazione del gip al sequestro dell’intero dispositivo e del suo contenuto, senza rischi per la segretezza delle indagini. “Sottolineiamo la schizofrenia della maggioranza e del governo che, da una parte, chiedono di fare luce su questo scandaloso dossieraggio e, dall’altra, presentano e sostengono una norma che complicherà questa e molte altre indagini in corso rallentando l’attività delle Procure”, attacca la responsabile Giustizia del Pd, Debora Serracchiani.

“Grazie a Crosetto, ha scoperchiato un verminaio” – Cantone rivendica di stare conducendo l’inchiesta con riservatezza: “In questa fase meno atti girano e meglio è. Non abbiamo ancora capito chi e come ha fatto uscire” la notizia dell’invito a comparire recapitato a Striano e Laudati, “che ha danneggiato l’inchiesta, anche se l’atto era pubblico”. Però, rivela, “abbiamo fatto una serie di atti delicatissimi, con una serie di personaggi di primo piano sentiti, di cui ancora nessuno ha notizia: per esempio abbiamo sentito due volte il ministro della Difesa”, Guido Crosetto. Il fascicolo, infatti, è nato proprio da un suo esposto, depositato dopo la pubblicazione sul quotidiano Domani delle Sos che riguardavano i suoi compensi dal colosso delle armi Leonardo (ricevuti in qualità di consulente, prima di assumere l’incarico di governo). “Credo che vada ringraziato per aver dato la possibilità di far uscire questo verminaio, perché tale è”, dice Cantone (video). Non solo: Cantone precisa che “il mercato delle Sos non si è fermato“. E su questo, afferma, “abbiamo una prova clamorosa: durante la prima fuga di notizie, a un certo punto su un giornale”, cioè la Verità, è uscito un riferimento a una Sos su un imprenditore“, Gaetano Mangione, “che avrebbe avuto a che fare con il ministro della Difesa. Ebbene, quella Sos non era stata vista da Striano, ed è stata consultata proprio nei giorni in cui usciva quell’articolo di giornale. Quando c’era la massima attenzione sul tema, c’era qualcuno che continuava a vendere sottobanco le Sos. Su questo sta indagando la procura di Roma”.

“Se è dossieraggio? Non spetta a me dirlo” – All’esordio della sua relazione, il magistrato precisa di aver chiesto l’audizione “per intervenire a tutela di un’istituzione sacra come la Procura nazionale antimafia”, ma anche “di strumenti importanti per la lotta alla mafia e in generale delle infrastrutture informatiche giudiziarie”. La vicenda, esordisce, è “particolarmente grave”: “Io non mi occupo di bolle di sapone, non me ne sono mai occupato neanche da bambino e non sono capace di parlo. Chi parla di bolle di sapone ne risponderà nelle sedi giuste”, dice, riferendosi al pronostico sull’esito dell’indagine fatto in tv da Paolo Mieli. “Ho grande rispetto per chi manifesta questo pensiero e anche per la sua età, ma c’è un limite a tutto”, attacca. Poi rigetta la ricostruzione secondo cui la stessa Procura da lui diretta avrebbe escluso l’esistenza di un dossieraggio: “La Procura di Perugia non ha parlato con nessuno, quindi non c’è interpretazione autentica. Non spetta a me stabilire cos’è dossieraggio e cos’è informazione. Dico che quella effettuata da Striano è una ricerca spasmodica di informazioni su una serie di soggetti. Se è dossieraggio o no non spetta a me dirlo, non abbiamo la prova della creazione di un archivio”.

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