Moda e Stile

Perché Chiara Ferragni ha scelto un tailleur nero da Fazio: cos’è lo “I am sorry suit” (il completo del ‘penitente’)

Per tutti arriva un momento della vita in cui bisogna mostrarsi affidabili, seri, degni di fiducia. Adulti. Se quel momento fosse un capo d’abbigliamento, sarebbe il completo nero indossato da Chiara Ferragni a Che Tempo Che Fa

di Beatrice Manca

“È stato complicato scegliere il vestito per questa?” chiede Fabio Fazio prima di congedare Chiara Ferragni nell’attesissima (e seguitissima) intervista a Che Tempo Che Fa. Tradotto: è stato difficile scegliere un abito che sai che verrà passato al microscopio cercando dietrologie, prezzo e significati nascosti? Cosa si indossa quando devi riscattarti in diretta nazionale e non puoi commettere errori? Chiara Ferragni ha scelto una risposta da manuale: un tailleur nero con i pantaloni. Ma a guardar bene, quello è un “I am sorry” suit.

Dopo il caso Balocco e le voci di separazione da Fedez, l’imprenditrice digitale aveva già dato un’intervista al Corriere della Sera, ma quella apparsa su Nove è un caso diverso: è in televisione, il mezzo che forse le è meno familiare, un luogo dove importa cosa dici, ma importa molto di più come lo dici. Con che faccia lo dici. Chiara Ferragni conosce bene il mezzo del video, ma tra il reel di Instagram e la diretta televisiva corre una distanza siderale. Da cui, la domanda di Fazio, che non è superficiale come può apparire: sulla tuta grigia che l’influencer indossava nel famoso video di scuse si sono spesi fiumi d’inchiostro. Voleva mostrarsi contrita? È andata veramente sold out? Quanto costava?

Per la prima apparizione televisiva dopo la tempesta – che non è ancora passata – Chiara Ferragni ha scelto una giacca nera abbinata ai pantaloni, un sottogiacca avorio e un paio di décolleté nere. Al momento il completo è invendicato: etichetta sconosciuta. Niente fronzoli, niente strappi, niente loghi e niente strass. Giusto una collana con due ciondoli – due angioletti che rappresentano i figli – e un make up scintillante sugli occhi, così stavolta nessuno scriverà che era struccata per mostrarsi contrita (spoiler: era truccata anche nel famoso video di scuse con la tuta). “Un look semplice, classico – lo definisce lei – come piace a me”. In realtà è molto lontano dallo stile a cui ci ha abituati negli anni, ma per buone e sagge ragioni.

Quello che Chiara Ferragni ha indossato da Fazio non è un semplice tailleur: è un “I am sorry” suit, il completo del penitente. La brillante definizione è stata coniata da Vanessa Friedman, storica penna di moda del New York Times, per Mark Zuckerberg nel 2018, quando fu chiamato a testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti su come Facebook gestiva i dati personali dei suoi utenti. In quell’occasione lasciò a casa le sue famose t-shirt grigie e indossò un completo blu (blu Facebook) con la cravatta. Un completo per dire “scusate, ora facciamo le persone serie”.

Ora: Chiara Ferragni non era in tribunale né sotto accusa, era in un salotto televisivo ospite di un programma. Ma il principio è lo stesso, e infatti ripete “mi dispiace” diverse volte nel corso dell’intervista. Per tutti arriva un momento della vita in cui bisogna mostrarsi affidabili, seri, degni di fiducia. Adulti. Se quel momento fosse un capo d’abbigliamento, sarebbe sicuramente un completo scuro con la giacca e i pantaloni.

Il classico completo tre pezzi è in crisi di identità e sta perdendo terreno in quasi tutti gli ambienti di lavoro, inseguito dal casual Friday, dallo streetwear anche in ufficio e dal relax stilistico che ci ha regalato lo smartworking. Non è più obbligatorio neanche per i Paperoni di questo secolo, che possono gestire le loro aziende con un dolcevita nero, un pullover girocollo o una t-shirt sui jeans (sì, sempre Zuckerberg). Ma l’abito con la giacca è ancora la carta da giocare quando vogliamo convincere qualcuno, dal colloquio di lavoro fino all’aula di tribunale.

Durante una crisi, la scelta di come apparire al mondo non è una questione irrilevante. Negli Stati Uniti c’è tutta una letteratura su come si vestono le star durante i processi. Gwyneth Paltrow, coinvolta in una causa civile per un incidente sugli sci, si presentò in aula con un doppiopetto grigio e altri rassicuranti look quiet luxury che sussurravano: “Una donna spericolata indosserebbe mai una camicia col fiocco e gli occhiali?”. Amber Heard, durante la battaglia legale con Johnny Depp, sfoggiò una fila di power suit, completi con giacche dalle spalle larghe. La truffatrice dell’alta società Anna Delvey (che ha ispirato la serie Inventing Anna) si presentava davanti al giudice con rigorosi abiti neri di Celine e Saint Laurent scatenando la corsa all’acquisto.

Viviamo nell’epoca dell’immagine: ciò che sappiamo del mondo spesso lo abbiamo visto, prima ancora che letto. L’abito fa il monaco, quasi sempre. Soprattutto se hai costruito il tuo impero in un settore come quello della moda, vendendo i tuoi abiti, indossando quelli di altri e investendo in te stessa come nel tuo asset più prezioso.

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