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Omicidio Nada Cella, “non luogo a procedere” per Annalucia Cecere: “Oggi abbiamo visto il peggio della giustizia e gli effetti della riforma Cartabia”

L’esito segue l’inchiesta riaperta il 6 maggio del 2021 dalla procura di Genova, grazie al recupero degli atti di alcune inchieste precedenti andati perduti e poi recuperati dalla criminologa Antonella Delfino Pesce che commenta così la decisione del giudice

di Alessandra De Vita

Non luogo a procedere”, questo l’esito del giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Genova sul rinvio a giudizio per Annalucia Cecere, unica indagata per il delitto di via Marsala. Si tratta dell’assassinio di Nada Cella, 25enne massacrata il 6 maggio del 1996 nello studio commercialista di Marco Soracco dove lavorava come segretaria a Chiavari, piccolo borgo della costa ligure. L’esito segue l’inchiesta riaperta il 6 maggio del 2021 dalla procura di Genova, grazie al recupero degli atti di alcune inchieste precedenti andati perduti e poi recuperati dalla criminologa Antonella Delfino Pesce che commenta così: “Oggi abbiamo conosciuto il peggio della giustizia e forse gli effetti della riforma Cartabia? Sono e sarò sempre disponibile per un confronto”. Le richieste di rinvio a giudizio del pm Gabriella Dotto che ha svolto le indagini insieme alla Polizia sono state rigettate dal giudice Angela Maria Nutini che, dopo un’ora di camera di consiglio, ha pronunciato la sentenza che di certo avrà avuto un tono amaro per Silvana Smaniotto, madre della giovane ragazza che ha sempre combattuto per ottenere verità e giustizia sulla propria figlia barbaramente uccisa. Non luogo a procedere anche per Soracco e per l’anziana madre di lui Marisa Bacchioni oggi 92enne, entrambi accusati di favoreggiamento e di aver dichiarato il falso ai pm all’epoca dei fatti.

Il delitto

Nada Cella fu ritrovata in fin di vita in quel giorno di maggio di 28 anni fa dal suo datore di lavoro Marco Soracco, il primo ad essere indagato per il truce crimine. Morì in ospedale poche ore dopo. Dalle prime indagini emerse che fu colpita alla testa e al pube con rabbia feroce, con un corpo contundente, da una persona che aveva accolto nello studio e che quindi conosceva. Si indagò subito su una donna, vista da due testimoni in evidente stato di agitazione quella stessa mattina, nei pressi dello studio in via Marsala a Chiavari. I carabinieri attraverso un identikit individuarono la donna misteriosa, un’amica di Soracco che frequentava la sua stessa balera e che pare avesse un debole per il commercialista. Gli agenti andarono a casa sua e ritrovarono dei vecchi bottoni identici a uno ritrovato immerso nel sangue nello studio di Soracco: primo indizio. La donna confessò poi alla sua vicina di essere andata presso lo studio perché ingelosita dalla presenza della sua segretaria. Questa persona all’epoca fu appena sfiorata dalle indagini perché il fascicolo, poi ritrovato dalla madre di Nada che lo consegnò alla Delfino Pesce, andò assurdamente perduto all’epoca.

L’esito

Secondo la pm Dotto, la Cecere avrebbe ucciso Nada “per motivi di rancore e gelosia verso la vittima per via della vicinanza a Soracco” ma per il giudice gli elementi sono insufficienti per procedere perché non consentono una ragionevole previsione di condanna. “C’entrano le modifiche fatte al codice di procedura penale modificato dalla riforma Cartabia – commenta così l’esito lo scrittore Igor Patruno, esperto del caso – perché da quando è stata fatta questa riforma tutti i processi che si presentano come indiziari non vengono intrapresi, questa è l’indicazione. Non c’è stato dibattimento, la Procura è ricorsa direttamente al Gip che deve attenersi alle indicazioni della riforma. Ormai si va in questa direzione”. Sfuma quindi per ora la speranza di arrivare a processo per la prima volta dopo 28 anni sul caso della povera Nada che per molti versi ci ricorda un altro delitto irrisolto, quello di Via Poma. Anche in quella tragica storia c’era una a giovane segretaria, Simonetta Cesaroni, trucidata barbaramente con un corpo contundente sul luogo di lavoro. Ed è sopraggiunto anche un commento da parte dell’avvocata Sabrina Franzone che assiste Silvana Smaniotto, la madre di Nada Cella che ha pianto in aula alla lettura dell’esito dell’udienza ed è andata via sorretta dalle nipoti. “Siamo attoniti e dispiaciuti. E la famiglia stupita. La magistratura non finisce mai di stupirmi. Speravo e confidavo che si potesse approfondire. Sarebbe stato giusto celebrare questo processo. La famiglia comunque sa. Sa che le cose sono andate come la polizia e la procura hanno ricostruito. Questa indagine è stata condotta in modo corretto da parte di tutti”, conclude la legale.

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