Palermo ha recentemente assistito a un evento che segna una svolta storica nella lotta contro la mafia e l’estorsione. Di sicuro si tratta del primo caso nella storia giudiziaria del Paese. Per la prima volta, infatti, gli operai di un cantiere si sono costituiti parte civile nel processo contro il clan di Porta Nuova. Questo atto di coraggio collettivo, supportato da Addiopizzo, rappresenta non solo un passo avanti significativo nella resistenza contro la cultura dell’estorsione, ma anche un segnale forte di cambiamento nelle dinamiche sociali e lavorative in Sicilia.

Il contesto in cui esso si colloca è quello di una lunga e dolorosa storia di soprusi e violenze perpetrate dalla mafia contro il tessuto economico e sociale dell’isola. Tradizionalmente, le vittime di estorsioni e minacce preferivano il silenzio alla denuncia, per paura di ritorsioni. Tuttavia, il processo “Vento”, che si è concluso al termine della scorsa settimana, mediante rito abbreviato, con 24 condanne a pene severissime, testimonia un mutamento di paradigma: gli operai, spesso invisibili e inascoltati, hanno scelto di alzare la voce e di rivendicare il loro diritto a un lavoro libero da costrizioni e violenze.

Bisogna guardare con attenzione a questo episodio perché la scelta di raccontare e denunciare le pressioni subite è un esempio luminoso di come la resistenza al fenomeno mafioso possa partire anche dal basso, dalle persone comuni, lavoratori, che, uniti, decidono di non piegarsi alle logiche di sopraffazione. Esso rappresenta un punto di svolta, non solo per la città di Palermo ma per l’intera società italiana, sottolineando l’importanza del ruolo attivo dei cittadini nella lotta alle mafie.

La decisione degli operai di Palermo di costituirsi parte civile è un atto di coraggio che merita di essere riconosciuto e sostenuto, poiché contribuisce a erodere le basi culturali su cui si fonda il potere mafioso: il silenzio, l’omertà e la paura. La pressione del racket sull’economia, è bene sottolinearlo ancora una volta, danneggia non solo i singoli imprenditori ma l’intera comunità lavorativa, compresi i lavoratori che possono subire conseguenze dirette o indirette a causa delle estorsioni.

Pertanto, è essenziale riconoscere che la lotta contro l’estorsione mafiosa non può essere relegata a una responsabilità individuale del singolo imprenditore denunciante, ma richiede un impegno collettivo che coinvolga tutti gli attori della società, inclusi i sindacati. È fondamentale che i sindacati assumano un ruolo più attivo e visibile, non solo supportando i loro membri nel denunciare tali atti, ma anche partecipando attivamente ai processi giudiziari come parte civile per dimostrare solidarietà e impegno nella difesa dei principi di legalità e giustizia. Ciò potrebbe non solo rafforzare la lotta contro la criminalità organizzata, ma anche contribuire a creare una cultura del lavoro più etica e responsabile, dove la sicurezza e il benessere dei lavoratori sono al centro dell’attenzione.

La presenza di Confcommercio Palermo in questo processo, per esempio, non può che essere un segnale positivo, ma non ci si dovrebbe fermare ad esso bensì auspicare un sempre maggior coinvolgimento di tutti i corpi intermedi e anche delle associazioni dei consumatori.

Il processo “Vento” ha coinvolto numerosi imputati per associazione mafiosa e diverse estorsioni aggravate dal metodo mafioso a danno di imprenditori e commercianti. Le aziende taglieggiate includono imprese commerciali e imprenditori attivi in vari settori, tra cui l’edilizia, il commercio al dettaglio e la ristorazione. Tutte attività spesso considerate obiettivi per le richieste di pizzo. L’azione congiunta di Addiopizzo, imprenditori e lavoratori, operai di un’azienda edile, supportata dalle autorità investigative, ha creato un fronte unito contro le pressioni mafiose e ha evidenziato ancora di più la gravità dell’estorsione nell’edilizia. Gli operai hanno infatti ricostruito tutti i particolari della asfissiante strategia estorsiva subita, caratterizzata da ripetute minacce di interrompere i lavori di ristrutturazione di un immobile posto all’interno del mandamento mafioso di Porta Nuova.

Questo caso, inoltre, oltre a sottolineare la necessità di un impegno più marcato delle organizzazioni datoriali e dei sindacati per proteggere i propri iscritti e promuovere una cultura di legalità e resistenza alle pratiche mafiose, apre ai giuristi, uno scenario nuovo e molto interessante: una vera e propria responsabilità collettiva la cui latitanza potrebbe essere rilevante ai fini processuali. La persistenza di tali fenomeni, nonostante le denunce, indica infatti la complessità della lotta all’estorsione e l’importanza di rafforzare le strategie di opposizione a queste pratiche illecite grazie, anche, a queste forme di intuizione giuridica, argomentate così tanto efficacemente in sede processuale, che possono essere accolte dai giudici.

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