O noi o loro. Suona un po’ così il diktat che l’austero ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha posto ai rappresentanti della sua maggioranza di governo. Se vogliamo continuare a sostenere in modo efficace lo sforzo bellico dell’Ucraina, dobbiamo congelare per tre anni tutte le spese sociali e sussidi in patria, ha spiegato il ministro. Già oggi Berlino è una delle capitali che sopporta il maggior sforzo finanziario a sostegno di Kiev, una cifra pari allo 0,5% del Pil tedesco (quindi circa 20 miliardi di euro) è già finita in Ucraina e ora che il sostegno americano vacilla, Linder vede davanti a se la necessità di uno sforzo ancora maggiore. Se le elezioni americane del prossimo autunno riportassero alla Casa Bianca Donald Trump l’istanza si farebbe ancor più pressante. È probabile, se la guerra continua, che tutti i paesi europei si troveranno di fronte a questo dilemma, spendere di più per Kiev e meno per se stessi o alzare bandiera bianca con Mosca.

La prospettiva delineata da Lindner non ha suscitato grandi entusiasmi nella compagine di governo, come peraltro prevedibile. La ministra degli Esteri Annalena Baerbock, ha replicato che sarebbe più saggio essere meno rigidi sulle regole fiscali, permettendo quindi di aumentare i finanziamenti senza tagliare la spesa in valore reale facendo più deficit. Un approccio che si scontra però con l’orientamento della Corte costituzionale secondo cui deroghe alle regole di bilancio sono attuali solo in caso di emergenze occasionali, non per crisi protratte negli anni. Saskia Esken, presidente della Spd propone invece una tassa sulle grandi ricchezze a cui però si oppone la Fdp. Sta di fatto che o con più tasse, o con più deficit o con meno spesa sociale, la consapevolezza che serve trovare più denaro per Kiev è diffusa. Il cancelliere Olaf Scholz preme perché l’onere sia condiviso con gli altri grandi paesi europei, quindi Francia ed Italia in primis. Va detto che la riforma del patto di Stabilità, voluta dalla Germania e molto restrittiva nei vincoli di spesa e bilancio, non aiuta Roma e Parigi a sottoscrivere questo impegno, visto che le possibilità di ricorso al deficit sarebbero limitate con la necessità di incidere sulla carne viva delle rispettive popolazioni.

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