di Pietro Francesco Maria De Sarlo

Capisco che l’Italia intera sia impegnata a discutere di De Luca-Meloni, di Ferragni-Fedez, delle regionali ed europee, delle guerre nel mondo, dove più che attori siamo spettatori, capaci solo di accodarci alle scelte dei potenti, Usa in particolare, ma mai di prendere iniziative autonome. Poi c’è la costruzione di uno Stato che con il combinato disposto della autonomia differenziata e delle cessioni di sovranità all’Europa sarà sempre più privo di poteri reali e sempre meno influente.

Capisco che tutto ciò faccia spettacolo e audience ma, mentre noi cincischiamo con il nulla e gareggiamo a farci male, qualcuno in Europa i fatti propri se li sa fare.

Con la Brexit le agenzie europee che avevano sede a Londra, quella del farmaco (Ema) e l’Autorità bancaria europea (Eba), furono trasferite ad Amsterdam e Parigi. In questi giorni la nascente agenzia dell’antiriciclaggio (Amla) ha trovato casa a Francoforte. Nel caso di Ema e Eba i criteri di scelta sulla loro collocazione furono: funzionare entro la data della Brexit, accessibilità (infrastrutture di trasporto e accoglienza), strutture scolastiche internazionali, opportunità di lavoro, sicurezza sociale e sanità, permanenza dei dipendenti e capacità di attrarre personale qualificato, equilibrio geografico. Per la scelta della sede Amla ha pesato la vicinanza con le 280 banche che hanno sede a Francoforte, opportunità di lavoro internazionale, servizi di assistenza in inglese e scuole internazionali.

Il parametro non codificato è il peso politico. In tutti e tre i casi l’Italia era candidata. Per la collocazione di Ema ed Eba con il governo Gentiloni, per Amla Meloni.

Uscendo dalle polemicucce sul peso dell’Italia in Europa, il problema della collocazione delle agenzie europee è serio. Nel mirabile manuale, che andrebbe studiato da tutti i politici, di Michael Porter La strategia competitiva delle nazioni, si chiarisce il ruolo della Pubblica Amministrazione per lo sviluppo di un’area geografica e, in quest’ambito, viene assegnato un ruolo fondamentale alla presenza di agenzie governative. Con la ‘value proposition’ richiesta per la loro collocazione pioverà sempre sul bagnato e queste si collocheranno sempre nelle stesse aree. Se ragionassimo come Porter invece si collocherebbero dove è necessario sviluppare le condizione per la presenza di una agenzia. Si creerebbero così reciproci interessi con impatto sulla economia e sulla cultura e con un rafforzamento del territorio che la ospita, oltre all’influenza del territorio stesso sulla governance della agenzie e conseguentemente sul governo che la emana. Non a caso Scholz afferma: “Francoforte sarà un centro della finanza ancora più forte”.

Delle 26 istituzioni europee e organismi collegati, tutte sono collocate tra Belgio, Lussemburgo, Parigi e Germania, e nella stessa area trovano sede 40 delle 69 agenzie europee; 4 sono in Spagna, 2 in Portogallo, una a testa Grecia, Cipro e Malta e due in Italia: sotto il Po, nessuna. Da questa concentrazione nordcentrica ne consegue un enorme vantaggio competitivo, senza alcuna compensazione per gli altri, e la visione di una Europa – quella del Nord, dove si concentra tutto – e di un’altra Europa, quella del Sud, che viene desertificata. Ossia ciò che è successo in Italia con il mantra ‘se parte il Nord parte il Paese’ e dove in realtà si è creato un divario sempre crescente fino ad arrivare alla secessione strisciante della Autonomia Differenziata.

Una classe politica decente, italiana ed europea, dovrebbe porsi il problema se sia possibile far crescere un sentimento di unica comunità politica quando il divario economico e sociale aumenta e se si può continuare ad andare avanti, come nella fattoria degli animali di Orwell, con alcuni (tedeschi e francesi) che sono più uguali degli altri e dove un cittadino greco o italiano conti e abbia meno diritti, per esempio nella collocazione delle agenzie, di tedeschi, belgi, francesi e persino dei lussemburghesi.

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