I destini dell’Ue corrono sull’asse Parigi-Berlino. È sempre stato così e lo è stato anche questa volta. I ministri economico finanziari dei paesi membri, riuniti insolitamente in videoconferenza, hanno raggiunto un accordo sulla tormentata riforma del Patto di Stabilità. La fumata bianca, non scontata, arriva dopo che, martedì sera, il ministro tedesco Christian Lindner e il collega francese Bruno le Maire si sono incontrati a Parigi per smussare i punti di divergenza. Durante la serata c’è stata anche una telefonata al ministro italiano Giancarlo Giorgetti, non si sa se per comunicare o condividere.

La presidenza di turno spagnola scrive su X che si tratta di una riforma con nuove regole “realistiche, equilibrate, adatte alle sfide presenti e future”. Confermato il periodo di grazia 2025-2027 in cui ci sarà qualche margine di tolleranza in più su deficit e debito in caso di un aumento della spesa per interessi sul debito (L’Italia dovrebbe ad esempio spendere in interessi 10 miliardi in più già quest’anno rispetto al 2023, ndr). Per il resto il “nuovo” Patto torna a privilegiare il rigore nei conti ad un ruolo attivo dello Stato nel sostegno all’economia.

Per il resto rimangono sul tavolo le regole già tratteggiate. Per i paesi altamente indebitati, come l’Italia, il deficit pubblico non potrà superare l’1,5% del Pil e il debito dovrà essere ridotto di un ammontare pari all’1% del Pil l’anno (nel caso italiano significa circa 20 miliardi di euro). Ma come, si accennava, per i prossimi tre anni queste cifre saranno riferite al deficit depurato degli effetti dell’incremento dei tassi, sono quini un poco meno stringenti. Per i paesi con un debito più basso, al di sotto del 90% del Pil, la riduzione obbligatoria è dello 0,5%. In linea di massima tuttavia si può dire che passa la linea dura tedesca. Qui vince Berlino, pareggia Parigi, perde Roma. Sul deficit in realtà il calcolo è un po’ più complesso. Tecnicamente rimane il vecchio limite del 3% ma, novità, gli stati membri dovranno creare un buffer fiscale pari all’1,5% del Pil per far fronte ad eventuali fasi di crisi. Per costituire tale “tesoretto” , l’aggiustamento annuale dovrebbe essere pari allo 0,4% del Pil, che potrebbe essere ridotto allo 0,25% del PIL in caso di proroga del periodo di aggiustamento. Non saranno conteggiate nel deficit le spese per la difesa.

“L’accordo sulle nuove regole fiscali è una notizia importante e positiva. Darà certezza ai mercati finanziari e rafforzerà la fiducia nelle economie europee”. Lo ha dichiarato la vicepremier e ministra dell’Economia Nadia Calvino. “Questa accordo è una medaglia d’oro alla presidenza spagnola, che termina con più di 50 intese”, aggiunge la vice premier spagnola.

“L’accordo è una buona notizia per l’economia europea, il viaggio non è ancora finito. A gennaio noi dovremo passare alla fase successiva, quella dei triloghi e ho fiducia che lo stesso spirito di costruttivo e di compromesso che ci ha portato al risultato di successo di oggi ci guidi ad una positiva conclusione delle tappe finali”, commenta il commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni che aggiunge: “Il nuovo Patto entrerà in vigore nella primavera del 2024 se le tappe finali per la sua approvazione si concluderanno positivamente”. Per finalizzare l’intesa “non c’è tempo da perdere”, ha spiegato in conferenza stampa il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis.

Gentiloni ha poi voluto sottolineare che “L’Italia ha contribuito in modo rilevante, direi decisivo, soprattutto nell’ultimissima fase, insieme alla Francia e alla Germania, a raggiungere questa intesa” sul Patto di stabilità. “Penso che per l’Italia siano molto importanti alcuni aspetti che riguardano il percorso di correzione del deficit che tenga conto dei maggiori costi per i tassi di interesse, il riconoscimento dell’importanza degli investimenti nel Pnrr per ottenere un periodo più lungo dell’aggiustamento e il riconoscimento dell’importanza delle spese della difesa”, ha sottolineato il commissario Ue.

“Le nuove regole di bilancio per i Paesi membri dell’Ue sono più realistiche ed efficaci allo stesso tempo. Combinano cifre chiare per deficit inferiori e rapporti debito/Pil in calo con incentivi per investimenti e riforme strutturali. La politica di stabilità è stata rafforzata”, scrive su X il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner. “Dopo due anni di negoziati abbiamo raggiunto un accordo storico a 27 sulle nuove regole del Patto di stabilità e crescita. È un’ottima notizia per la Francia e per l’Europa perché garantirà la stabilità finanziaria e il buon andamento dei conti pubblici in tutta Europa negli anni a venire”, afferma il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, in un video messaggio. “Per la prima volta in 30 anni questo Patto di stabilità riconosce l’importanza degli investimenti e delle riforme strutturali” che saranno “essenziali nei prossimi decenni”, ha evidenziato Le Maire.

Conte: “Arriva il Pacco di Stabilità” – “Sebbene il nuovo Patto contempli dei meccanismi innovativi volti a tener conto degli effetti di eventi esterni e straordinari nel computo dei parametri numerici da rispettare, rimane il rammarico per la mancata automatica esclusione delle spese in investimenti strategici dall’equilibrio di deficit e debito da rispettare. Una battaglia che l’Italia intende comunque continuare a portare avanti in futuro”, scrive in una nota la presidente del Consiglio Giorgia Meloni definisce il nuovo Patto di stabilità “per l’Italia migliorativo rispetto alle condizioni del passato”.

“Ci sono regole più realistiche di quelle attualmente in vigore. Le nuove regole naturalmente dovranno sottostare alla prova degli eventi dei prossimi anni che diranno se il sistema funziona realmente come ci aspettiamo”. Lo ha detto il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti al termine dell’Ecofin. “Consideriamo positiva – ha aggiunto – il recepimento delle nostre iniziali richieste di estensione automatica del piano connessa agli investimenti del Pnrr, l’aver considerato un fattore rilevante la difesa, lo scomputo della spesa per interessi dal deficit strutturale fino al 2027”. Il partito di Giorgetti, la Lega, “esprime soddisfazione per il compromesso sul Patto di stabilità. Niente più austerity: la riduzione del debito sarà realistica e graduale. Tutelati gli investimenti, soprattutto quelli del Pnrr, per continuare a far crescere il Paese”.

“Meloni mette una grande ipoteca sul futuro: quello sul Patto di stabilità è un cattivo compromesso per l’Italia. Perché l’Italia è stata assente nel negoziato: l’Italia ha accettato a testa bassa l’accordo di Francia e Germania. Noi dovevamo batterci di più. Se torniamo ai rigidi parametri quantitavi è come se non avessimo imparato niente dalla pandemia. Avrebbero dovuto lottare molto più prima e io penso che questo è un accordo che farà molto male all’Italia”, dice la segretaria del Pd Elly Schlein.

Il Movimento 5 Stelle parla di un ritorno dell’austerità. “Ho sempre combattuto, quando ero al governo, per contrastare le vecchie logiche di austerità e trasformare il Patto di stabilità e crescita in un ‘Patto di crescita nella stabilità’. Purtroppo da un anno se ne occupa Giorgia Meloni e il suo patriottismo a chiacchiere sta rifilando all’Italia un “Pacco di stabilità” che si tradurrà in un cappio al collo per il Paese. Un Patto scritto dalla Germania, comunicato ieri dai ministri tedesco e francese, che hanno precisato che il ministro Giorgetti era “informato”, afferma Giuseppe Conte.

Sindacati europei –Le regole fiscali proposte auto saboteranno le economie dell’Ue e faranno soffrire i lavoratori inutilmente”. E’ il commento della Confederazione europea dei sindacati (Ces). “I ministri delle Finanze dell’Ue hanno messo a punto oggi la posizione del Consiglio sulla riforma delle regole di governance economica dell’Ue. Secondo le informazioni disponibili, la proposta del Consiglio imporrebbe agli Stati membri di ridurre il deficit di bilancio dello 0,25 – 0,4% all’anno – un leggero miglioramento rispetto allo 0,5% proposto finora – si legge in una nota. Tuttavia, ha anche ridotto il disavanzo nominale massimo all’1,5% del PIL e ha incluso la necessità di ridurre il rapporto debito/PIL dell’1% annuo per i paesi il cui debito è superiore al 90% del PIL (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, ecc.). Ciò significa che più paesi dovrebbero tagliare la spesa pubblica. Il testo finale dell’accordo non è stato ancora reso disponibile e non c’è trasparenza sulle decisioni di bilancio che ogni Paese dovrebbe prendere secondo le regole né sulla reale flessibilità che i Paesi avrebbero nei primi tre anni del periodo di transizione”.

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