Alcuni scienziati hanno suggerito di iniettare particelle solide come allumina, calcite o persino diamanti nell’atmosfera per limitare temporaneamente il riscaldamento climatico. Qualsiasi aerosol solido iniettato in stratosfera sarebbe soggetto a coagulazione, producendo aggregati frattali. Assieme all’aerosol costituito dai solfati naturali, darebbero forma ad aggregati con la proprietà di attenuare l’effetto serra.

Non sono nuove conoscenze. Un progetto scientifico europeo che diressi quasi 30 anni fa esplorò in lungo e in largo l’impatto idrologico del modello climatico HADCM2SUL/ns, sviluppato da Hadley Center del Met Office inglese. All’epoca, concludemmo che un aumento dei solfati atmosferici avrebbero ridotto il totale delle acque precipitate, ma aumentato le “code statistiche”; in pratica, reso più acuti gli eventi pluviali estremi, siccità e nubifragi. Per quanto vagamente ricordo – chi ha la mia età è disperatamente innamorato dei ricordi ma proprio per questo, secondo George Bernard Shaw, è un individuo pericoloso perché incurante di ciò che accadrà al mondo – la speranza che i solfati avrebbero ridotto l’evoluzione climatica era stata effimera, inconsistente, piena di incertezze.

Intervenire sull’atmosfera non è un’idea nuova nel campo dell’ingegneria, né in quello della stregoneria scientifica. Le particelle di aerosol solido sono state a lungo proposte come alternativa agli aerosol di solfati per sviluppare una efficace azione di geoingegneria solare. Secondo uno studio recente, un intervento di questo tipo potrebbe ridurre la colonna di ozono fino al 9 percento, una riduzione più che doppia del buco dell’ozono scoperto più di 40 anni fa. E sanato grazie all’unica iniziativa climatica globale di successo, il bando dei clorofluorocarburi sancito dal Protocollo di Montreal del 1987.

Cito un libro che pubblicai esattamente 30 anni fa: “E’ stato recentemente ratificato il Protocollo di Montreal, volto a ridurre la produzione dei CFCn nocivi allo strato di ozono della stratosfera fino a dimezzarla rispetto ai livelli del 1986, con l’obiettivo di pervenire a tale risultato entro il 1998: se il Protocollo venisse seguito alla lettera, in futuro il tasso di emissione di CFCn dovrebbe diminuire in modo significativo” (Effetto Serra: istruzioni per l’uso, 1994). Il Protocollo di Montreal ha avuto una ricaduta non trascurabile nel limitare l’intensificazione dell’effetto serra, poiché una molecola di CFCn può avere la stessa potenzialità climatica di 10mila molecole di anidride carbonica. E i clorofluorocarburi permangono in aria per periodi molto lunghi, fino a 400 anni.

“Less is more” recita una poesia di Robert Browning: meno è meglio. Meglio togliere che aggiungere. Anziché aggiungere additivi all’atmosfera senza la certezza scientifica che non ci siano effetti di retroazione disastrosi, meglio eliminare qualcosa tra ciò che emettiamo di sgradevole. In quel libro avevo anche scritto che: “poiché ridurre le emissioni di biossido di carbonio è il primo obiettivo per contrastare l’intensificazione dell’effetto serra, potrebbe essere emanato un Protocollo sul Biossido di Carbonio, legato alla Convenzione Quadro così come il Protocollo di Montreal sui Clorofluorocarburi è stato collegato alla Convenzione di Vienna. Un Protocollo con questo obiettivo non può che essere, senza dubbio, un documento molto complesso, assai più difficile da formulare del Protocollo di Montreal: bisogna tenere conto della notevole differenziazione delle fonti di emissione, delle enormi diversità di emissione specifica (pro-capite) tra un paese e l’altro e del ruolo centrale dei combustibili fossili nel sostegno dell’economia mondiale e nel decollo di quella dei paesi in via di sviluppo”.

L’accordo di Parigi del 2015 attua questo auspicio? Risposta non c’è, o forse chi lo sa, caduta nel vento sarà (cit. Mogol, traduzione di Blowin’ in the wind di Bob Dylan).

Più rileggo quel libro, più lo riscriverei tal quale. Chi volesse documentarsi su un relitto della divulgazione scientifica di 30 anni fa, “Effetto serra: istruzioni per l’uso” si trova sia ristampato sia in formato digitale, a questo link. Può essere intrigante valutare l’abuso consapevole che l’umanità non ha potuto fare a meno di compiere nella serra che gentilmente la ospita.

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