Chiamate a pronunciarsi sui ricorsi del ministero dell’Interno contro le ordinanze del tribunale di Catania, che nei mesi scorsi non ha convalidato i trattenimenti di alcuni tunisini a Pozzallo sottoposti a procedura di frontiera in base al decreto Cutro, per ora le Sezione Unite della Cassazione hanno passato la palla alla Corte di giustizia europea. Con due ordinanze interlocutorie, che sospendono il giudizio sui trattenimenti dei migranti, è stato chiesto alla Corte di esprimersi sulla garanzia finanziaria di circa 5mila euro che un richiedente asilo sarebbe obbligato a versare per evitare il trattenimento in un centro dove attendere l’esito della domanda di protezione. Una decisione prevedibile perché accoglie la richiesta della requisitoria della procura generale, che aveva però espresso parere favorevole sui trattenimenti sposando la tesi dell’Avvocatura dello Stato. “Quella di oggi è però una buona notizia”, dice l’avvocato Rosa Emanuela Lo Faro, che rappresenta sei dei dieci tunisini rimessi in libertà ai primi di ottobre dai giudici di Catania che, di fatto, hanno così interrotto le procedure di frontiera.

Avvocato Lo Faro, perché per voi è una buona notizia?
La Corte di Cassazione ha confermato i dubbi interpretativi sorti dalla emissione del decreto Cutro. Qui in Italia le leggi non sono chiare, perché dovrebbero essere compatibili con le norme internazionali e non si capisce se lo sono. Per questo la Suprema Corte ha investito della questione la Corte Ue.

La cosiddetta “cauzione” non è la ragione principale delle mancate convalide di Catania.
No, al centro di quelle ordinanze c’è la provenienza da Paese terzo sicuro, che il decreto Cutro considera condizione sufficiente al trattenimento in frontiera, indipendentemente dall’effettiva condizione della persona. Al contrario, la normativa europea consente il trattenimento dei richiedenti solo “ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso”, come peraltro la Cassazione ha ricordato.

Avrebbe preferito che la Corte Ue venisse interpellata anche su questo punto?
Noi ci speriamo. La direttiva è la stessa, quindi la Corte potrebbe allargare la disamine ed esprimersi, ad esempio, anche sulla necessità del trattenimento. Inoltre la direttiva 33/2013 prevede che il trattenimento sia operato “salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive”: l’obbligo di dimora in luogo assegnato, quello di presentarsi periodicamente alle autorità o quello di costituire una garanzia finanziaria. Ma non nel senso della “cauzione” stabilita dal dl Cutro, una misura che lo stesso rinvio della Cassazione definisce rigido.

C’è il rischio che la Cassazione bocci la cauzione e consideri invece legittimo il trattenimento in frontiera dei richiedenti?
E’ un’ipotesi, certo. Dopo il responso della Corte europea potrebbe decidere di censurare la garanzia finanziaria prevista dal dl Cutro e contemporaneamente dichiarare legittima la procedura in frontiera per i richiedenti provenienti da Paesi terzi considerati sicuri come la Tunisia. Ma, ancora una volta e come sottolineato dalla Cassazione, garanzia finanziaria e necessità del trattenimento valutata caso per caso restano questioni legate. Vedremo come si esprimeranno i giudici europei.

Se la Cassazione accoglierà i ricorsi del ministero, un giudice potrà ancora opporsi all’idea che la Tunisia, per esempio, sia un Paese sicuro ai fini del trattenimento?
No, se la Cassazione accoglierà i ricorsi del ministero, i giudici avranno l’obbligo di attenersi al principio di diritto pronunciato dal giudice Supremo.

Se invece dovesse respingere i ricorsi, che fine fa l’accordo del governo con l’Albania?
La decisione non potrà non gravare su quell’accordo. E già la Corte europea, esprimendosi sulla corretta applicazione delle direttive Ue, potrebbe dare un segnale sull’effettiva percorribilità del protocollo siglato con l’Albania. A meno che il governo, nel frattempo, non intenda mettere mano per l’ennesima volta a una normativa che ha già modificato con numerosi decreti, tanto che i rinvii pregiudiziali alla Corte Ue si moltiplicano.

Dove sono oggi i suoi sei assistiti?
I miei assistiti sono tutti in Italia, in possesso di un permesso provvisorio di soggiorno. Alcuni hanno già stipulato dei contratti di lavoro e si presenteranno presso le rispettive questure per conoscere l’esito della loro domanda di protezione.

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