di Paolo Gallo

Che Matteo Salvini nell’ultimo anno abbia perso la bussola riguardo a battaglie tanto care alla Lega e ai suoi, ormai malcontati, circa 4 milioni e mezzo di elettori è dato certo.

Che il vicepremier, nonché titolare del Dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti, abbia un ulteriore problema riguardo al trattamento che ripone nei confronti di chi protesta è altrettanto noto.

Per il primo grattacapo non c’è nulla da dire. O meglio, qualcosa ci sarebbe, ma la questione immigrazione nel 2023 credo abbia messo un punto definitivo alle bugie sulle soluzioni tanto sbandierata in campagna elettorale che ci hanno propinato Lega e Fratelli d’Italia.

Sulla seconda questione vorrei porre il ragionamento.

Condivide sui social tramite un reel il Segretario della Lega: “Dalla parte di agricoltori e produttori che si fanno sentire per chiedere lo stop a decisioni ideologiche e lontane dalla realtà che mettono in pericolo un intero settore, danneggiando lavoro e salute. Ascoltarli è doveroso”.

È vero. Ascoltare è doveroso. Ed è vero che qualche disagio questi trattori lo hanno causato a chi doveva recarsi al lavoro, dovendo passare, magari, da Orte. Ma questa è la democrazia. E garantire il diritto di protesta (e di sciopero) senza ledere personalmente gli altri credo vada tutelato. Sempre.

Il Viceministro dovrebbe comprendere, però, anche il diritto di chi protesta contro politiche che paiono far tornare indietro nel tempo il Paese (pardon, la Nazione) sul piano ecologico e ambientale. Quelli che lui addita come ‘eco-imbecilli’ (una ventina di attivisti che bloccarono parte dell’autostrada Milano-Torino) protestano. Protestano proprio come gli agricoltori sui trattori. Protestano creando disagio. Altrimenti che protesta sarebbe?!

Il Segretario dovrebbe spiegare se esistono differenze tra un diritto e l’altro, tra chi pone in campo una preoccupazione o l’altra: da una parte chi mette la propria faccia a difesa del futuro del pianeta, dall’altra chi a difesa, pare, di provvedimenti che potrebbero far diventare meno competitivo il settore agricolo, con il concomitante aumento di materie prime e costo del gasolio.

La capacità di ascolto e la possibilità di ascoltare dovrebbero essere le stesse. Lontane dai propri pareri personali. Perché il Ministro non può investire di sole colpe gli attivisti del clima e assolvere gli agricoltori solo perché l’Europa è cattiva o altre baggianate del genere, sollevando dalle proprie responsabilità il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e un intero sistema-Paese che tende alla rivolta sociale su diverse questioni.

Un diritto è tale quando il suo esercizio ne esclude la punibilità. E c’è una ragione logica: sarebbe alquanto bizzarro che la legge consentisse il potere di agire ma poi ne sanzionasse l’esercizio. Perché inasprire le sanzioni nei confronti degli “pseudo-attivisti” (X, 15/1/2023) e cavalcare, invece, l’onda degli agricoltori, spostando totalmente il focus sull’Europa?

Provi ad ascoltare, per una volta, chi chiede interventi seri per la tutela del pianeta. Un diritto non ne dovrebbe negare un altro. Un diritto non vale più di un altro. Soprattutto quando il diritto è lo stesso. Quando entrambi i diritti sono volti alla tutela e al miglioramento della collettività. Quando entrambi i diritti provocano gli stessi disagi a chi non protesta. Due pesi e due misure, Ministro?

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