“La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”. È una delle più citate riflessioni del giudice Giovanni Falcone che suggeriva lo studio e la comprensione di ‘questi fatti umani’. Le inchieste giudiziarie, i processi ricostruiscono i fatti e perseguono i reati con le sentenze. Ma c’è un passo in più da fare: studiare scientificamente le mafie per comprenderne la visione d’insieme e la complessità dei fenomeni criminali organizzati, non estranei alla società italiana, e contribuire così alla loro fine.

Risponde anche a questo bisogno “Sisma”, la neonata Società italiana di studi su Mafie e Antimafia, presieduta dal sociologo Nando dalla Chiesa. La finalità come riporta lo statuto è anche quella “di sostenere la crescita di competenze scientifiche e di qualificate attività formative in scuole, amministrazioni pubbliche, ordini professionali e associazioni. In tal senso essa costruisce forme di interazione e scambio per la prevenzione e il contrasto del fenomeno mafioso, in Italia e all’estero”. E non solo. Un altro punto fondamentale è “promuovere il ruolo di questi studi nel mondo accademico e in ogni opportuna sede istituzionale e politica, al fine di garantire al Paese il patrimonio di conoscenze e sensibilità di cui esso necessita per fronteggiare adeguatamente il pericolo mafioso”.

Il debutto è avvenuto venerdì 19 gennaio presso l’Università degli studi di Milano con il primo convegno nazionale: “L’impegno dell’Accademia italiana in tema di mafie e antimafia attraverso l’insegnamento, la ricerca, la terza missione. Quale ruolo per Sisma?”.

C’era un bisogno diffuso di costruire una società strettamente accademica, che rispondesse all’esigenza, fortemente avvertita, di formalizzare il ruolo degli studiosi italiani nel sistema antimafia. Quindi all’interno di un meccanismo che, a fronte di associazioni mafiose strutturate e specializzate, vede contrapporsi, nel nostro Paese, attori istituzionali e della società civile, tra cui: gli organismi giudiziari e investigativi, le prefetture, gli organi di governo e rappresentativi dello Stato (in particolare la Commissione parlamentare antimafia) e regionali, le numerose associazioni, la Chiesa e gli istituti scolastici.

Anche le università, da sempre, svolgono un ruolo determinante, in particolare attraverso l’insegnamento, la ricerca e le azioni di valorizzazione della conoscenza scientifica che si concretizza nel dialogo con le istituzioni e la società civile. Si tratta di un impegno notevole che, nel 2021, è stato misurato e studiato dagli accademici, in collaborazione con la Conferenza dei rettori delle università italiane, e su impulso della Commissione parlamentare antimafia; oggi anche oggetto di studio dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR). Ciò ha permesso di accertare la presenza di insegnamenti universitari di diverso livello e di un considerevole numero di studiosi, quasi mille, appartenenti a circa cento settori scientifico disciplinari diversi. Insomma, è maturata la consapevolezza che ci si trovasse in presenza di una vera e propria comunità del sapere e della conoscenza.

Che però, non sempre è riconosciuta e riconoscibile. Conseguentemente, le competenze acquisite, espressione di approcci scientifici rigorosi, utili alla comprensione dei fenomeni, non sono facilmente attivabili, ove necessario, dalle istituzioni e dagli attori sociali. Queste ragioni hanno avviato un processo e dato vita a un progetto rivolto a quella comunità di ricercatori che spontaneamente si è formata negli anni. Così alcuni studiosi hanno deciso di costituire una Società scientifica degli studi su mafie e antimafia, in grado di mettere assieme professori universitari e i tanti giovani studiosi impegnati su tali temi.

Tra le finalità che caratterizzano questa sfida vi è la necessità del confronto tra le più diverse discipline, privilegiando approcci transdisciplinari, indispensabili per comprendere un fenomeno complesso, che gravemente incide a livello istituzionale, sociale, politico ed economico, all’interno del nostro Paese, così come oltre confine. Occasione per incontrarsi è stato il primo convegno nazionale dove tanti studiosi e ricercatori si sono confrontati sullo stato dell’arte dell’impegno dell’Accademia italiana in tema di mafie e antimafia per tracciare e definire le future linee d’azione.

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