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“Le mafie? Per capirle non bastano le sentenze”. E gli accademici si mettono in rete

Debutta il 19 gennaio a Milano Sisma, la Società italiana di studi su mafie e antimafia, che raccoglie i maggiori esperti di diverse università. Il presidente Nando dalla Chiesa: "Le mafie si sconfiggono studiandole. Certe sentenze balzane mostrano che troppi magistrati non comprendono il fenomeno"
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Quando Giovanni Falcone depositò l’ordinanza di rinvio a giudizio per il maxiprocesso contro Cosa nostra, il Giornale di Sicilia lo accusò di fare “sociologia”. Più di trent’anni dopo, sociologi e altri scienziati sociali si mettono insieme, per la prima volta, proprio per dire la loro sulle mafie. Venerdì 19 gennaio debutta, con un convegno a Milano, “Sisma“, la neonata Società italiana di studi su Mafie e Antimafia, presieduta da Nando dalla Chiesa. Sociologo appunto, e da decenni punto di riferimento dell’attivismo contro la criminalità organizzata, anche con i suoi articoli su Il Fatto Quotidiano. Sisma raccoglie inoltre politologi, storici, giuristi, e fra i membri figurano i massimi esperti accademici del fenomeno, come Enzo Ciconte, Alessandra Dino, Giovanni Fiandaca, Salvatore Lupo, Isaia Sales, Ernesto Savona, Rocco Sciarrone, Alberto Vannucci (nostro blogger e rubrichista di FQ MillenniuM).

“La mafia si sconfigge studiandola”, spiega Dalla Chiesa. “Certe sentenze balzane che abbiamo visto negli ultimi tempi mostrano quanto meno che i magistrati non studiano questo fenomeno, salvo chi sceglie personalmente di farlo, e quando fanno i processi finiscono per non capirlo. Lo stesso vale per chi lavora nella pubblica amministrazione”. Ecco dunque la necessità di una voce accademica: “La criminalità organizzata è una componente della storia e della società italiana che si fa finta non esista”, chiarisce il sociologo, figlio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa assassinato da Cosa nostra a Palermo nel 1982. Solo negli ultimi anni, però, le università italiane hanno cominciato a interessarsi di questi temi, in particolare gli atenei di Milano, Torino, Bologna, Ferrara, Pisa, Napoli, Palermo.

Il racconto fatto dalle forze di polizia, dalla magistratura e dai media non basta, “perché le inchieste giudiziarie possono raccontare i fatti, ma non necessariamente comprendere il fenomeno”. Un esempio? La recente “bocciatura”, da parte del giudice per le indagini preliminari, dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano che indicava l’esistenza di un “consorzio” mafioso dedito al controllo di molti affari in Lombardia. “Quell’inchiesta ci dice che al Nord le mafie si stanno strutturando come potere, completando il loro processo di insediamento. Chi conosce la storia di Cosa nostra in Sicilia ha gli strumenti per comprenderlo”.

Se fino agli Novanta le sentenze della magistratura erano l’unica “scienza”, oggi lo studio delle mafie deve allargare le fonti di informazione. “Ci sono aspetti non penali che possono essere molto rilevanti. Va bene leggere le carte, ma anche ascoltare, per esempio, i consiglieri comunali. Anche le tesi di laurea di studenti del mio corso in Statale sulla criminalità organizzata mi hanno illuminato su realtà locali lombarde che non conoscevo”. E così gli studiosi di Sisma rivolgeranno lo sguardo anche altrove, non solo sull’economia, ma per esempio sull’urbanistica e sulla pedagogia.

Il convegno di Sisma, dal titolo “L’impegno dell’Accademia italiana in tema di mafie e antimafia” si terrà all’Università Statale di Milano, in via Festa del Perdono 7, venerdi 19 gennaio a partire dalle 11,30.

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