I fischi dello stadio Al Awwal Park di Riad all’intervallo della finale di Supercoppa Napoli-Inter durante il minuto di raccoglimento dedicato a Gigi Riva non sono stati solo un oltraggio nei confronti di uno dei maggiori sportivi della storia italiana, ma hanno anche ribadito le profonde differenze culturali rispetto all’Arabia di Mohammed bin Salman, primo ministro, principe ereditario e, secondo un report della Cia, considerato il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, trucidato nel consolato saudita di Istanbul nel 2018. I soldi, anche quando ottimi e abbondanti, non possono essere un colpo di spugna, a proposito di sportwashing.

Ci hanno spiegato: è accaduto anche due settimane fa con Franz Beckenbauer. In Arabia le persone scomparse non vengono ricordate in questo modo. Perfetto, ma obiezione, vostro onore: il campione ricordato in quel minuto non era uno sportivo saudita, ma un simbolo del calcio italiano. Il pubblico di Riyad, per una questione di rispetto, doveva tacere. La commemorazione riguardava la cultura e l’anima delle due squadre in campo.

In Arabia Saudita, lo sappiamo, questo genere di attenzione latita. Di più: è completamente assente. Tutto quello che è estraneo a quel mondo non gode, quasi sempre, di rispetto. In una nazione maglia nera dei diritti umani, dove il dissenso è represso in modo brutale, dove alle donne vengono ancora negati i diritti più elementari e dove il regime sta cercando di accreditarsi nel mondo attraverso l’uso dello sport, non c’è da sorprendersi. Il problema è un altro: accettare lo sportwashing e mettere tutto sotto al tappeto in nome del denaro.

Il nostro calcio, indebitato fino e sopra il collo, in cambio di un gruzzolo di milioni, è disposto ad accettare tutto. Anche la profanazione di un’icona della nostra storia. I fischi di Riyad hanno oltraggiato la memoria di un personaggio che non è stato solo il più grande attaccante del football italiano, ma anche un simbolo di integrità e di spessore morale del nostro paese. Quei fischi sono stati una vergogna: hanno offeso la sensibilità di milioni di persone. Sono stati una mancanza di rispetto nei confronti di Gigi, dei suoi cari, della Sardegna, del popolo del calcio, e non solo.

Questo scempio non può essere giustificato o accettato in nome dei soldi. Riva rifiutò una montagna di denaro per non tradire la Sardegna e restare fedele ai suoi principi. Allo stesso modo, un sistema calcio autorevole e con un minimo di dignità dovrebbe riflettere su questo episodio e prendere decisioni forti, anche rimettendoci qualche milione di euro. Noi ci teniamo la nostra Supercoppa e i nostri debiti. Voi tenetevi il vostro denaro. Sarebbe un segnale forte, oltre che una presa di posizione di estrema dignità. Visto il livello dei nostri dirigenti, tra federazione, leghe e presidenti in ordine sparso, un’utopia.

P.S. Gigi Riva riposa nella sua bara con la tuta azzurra e la scritta Italia. Scarpe azzurre. Simbolo del nostro calcio fino in fondo.

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