L’economia cinese è cresciuta nel 2023 del 5,2%. Una cifra che vista da qui sembra ancora stratosferica ma che, se guardata dalla latitudine di Pechino, è appena appena sufficiente. Peraltro lievemente al di sotto delle attese (+ 5,3%). Tant’è che le borse di Hong Kong e Shanghai hanno accolto il dato perdendo rispettivamente il 4% e il 2,1%. Ad esclusione delle anomale annate del Covid, quello del 2023 è il dato peggiore da oltre 30 anni. L’ultimo trimestre 2023 ha segnato a sua volta un progresso del 5,2%, si entra nel nuovo anno senza frenare ma neppure accelerando. Stando alle ultime stime del Fondo monetario internazionale nel 2024 la crescita cinese dovrebbe rallentare ad un + 4%. Il direttore dell’Ufficio statistico Kang Yi ha detto che il governo lavorerà per espandere la domanda interna e accelerare le riforme dal lato dell’offerta tra le “difficoltà e le sfide” dell’economia globale. Dai dati diffusi oggi si evince comunque che le vendite al dettaglio sono aumentate del 7,2%, più del 4,6% della produzione, lasciando intravedere un ribilanciamento a favore della domanda interna. Gli investimenti sono saliti del 3%.

Alla base della relativa debolezza della crescita economica concorrono più fattori. Dopo anni di sovrainvestimenti il settore immobiliare attraversa una crisi profonda. Nel 2023 le nuove costruzioni sono diminuite del 21% mentre le vendite di nuove abitazioni sono scese del 6,5% (dopo il crollo di quasi il 27% nel 2022), nonostante l’equivalente in yuan di 70 miliardi di dollari stanziato dal governo a sostegno del comparto. Nel mese di dicembre i prezzi delle case hanno segnato la flessione più marcata dal 2015. Il paese attraversa una fase di pressioni deflazionistiche con prezzi in calo anziché in crescita. Sembra bello ma non lo è perché i rischi sono tanti. Le famiglie rimandano gli acquisti in attesa che i prezzi scendano ancora, i profitti aziendali si prosciugano.

Nel lungo periodo la Cina è alle prese con una contrazione della popolazione. Nel 2023 si sono registrate 500mila nascite in meno del 2022. La continua crescita demografica è stato uno dei numerosi fattori che ha messo il turbo all’economia negli ultimi decenni. L’invecchiamento della popolazione tende a ridurre i consumi oltre, naturalmente, a mettere pressione sui sistemi pensionistici. Dal mercato del lavoro giungono però segnali incoraggianti. Nel 2023 la disoccupazione si è attestata al 5,2%, meglio del “circa il 5,5%” individuato come obiettivo dal governo. La disoccupazione giovanile (studenti esclusi) si è attestata in dicembre al 14,9%, in ulteriore discesa dal picco del 21% toccato in giugno. Mercoledì scorso a Davos il premier cinese Li Qiang, preannunciando il dato sulla crescita, ha affermato che “L’economia cinese in generale si è ripresa ed è migliorata lo scorso anno“. Il premier ha sottolineato che ciò è avvenuto senza ricorrere a “massicci stimoli”, aggiungendo che “non abbiamo cercato la crescita a breve termine accumulando rischi a lungo termine”. Eppure, di fronte alla prospettiva di un ulteriore rallentamento, a Pechino si discute animatamente sulla possibilità di fornire all’economia ulteriori “aiutini”.

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