di Michele Sanfilippo

Netanyahu sta diventando un partner sempre più ingombrante per gli Usa. È sotto gli occhi di tutti il fatto che si tratti di un leader arrivato al capolinea che, però, cerca di restare in sella a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo. Per giustificare quest’affermazione elenco solo alcune tra le azioni più edificanti da lui promosse:

– per non essere sottoposto a un processo di corruzione ha stipulato alleanze con la peggior destra israeliana con l’obiettivo (peraltro realizzato) d’imporre in parlamento una legge per sottomettere il potere giudiziario a quello politico (l’inizio della fine di una democrazia);

– dopo circa vent’anni, quasi ininterrotti, di governo, ha fatto fallire ogni possibilità di stabilire un accordo con i palestinesi al fine di dar luogo all’unica soluzione possibile: “due stati per due popoli”;

– non ha avuto il coraggio di assumersi la responsabilità politica per non aver saputo prevenire la tremenda ed esecrabile azione terroristica di Hamas;

– con la giustificazione di voler distruggere Hamas, ha scatenato una guerra contro tutto il popolo palestinese. Si parla di oltre ventimila morti. Di cui circa quattromila bambini. Gli israeliani dovrebbero sapere meglio di chiunque altro che i civili in generale, ma i bambini in particolare, non hanno alcuna colpa, men che meno di essere nati all’interno di un dato popolo.

Oggi Netanyahu è il principale responsabile di una strage che sarebbe stigmatizzata da tutti se promossa da un altro paese e che rende veramente difficile sostenere un leader così privo di scrupoli. Eppure Netanyahu è ancora al governo del suo paese perché gli Usa glielo consentono. Forse il calcolo di Netanyahu è di portarsi a casa la distruzione militare di Hamas (cosa che potrebbe anche avvenire ma che sta suscitando una tale odio che, senza dubbio, farà nascere altre Hamas). O forse spera di sopravvivere fino alla probabile prossima vittoria di Trump, un leader che del resto ha perfino meno scrupoli di lui e che, se alle prossime elezioni dovesse trovare Biden come avversario, dovrebbe vincere a mani basse (salvo possibili e auspicabili interventi della giustizia).

Se solo Biden avesse un po’ di coraggio dovrebbe impedire che Blinken, con tutti i suoi (pen)ultimatum, si copra di ridicolo nella sua attuale missione in Medio Oriente. E dovrebbe farlo non solo perché Netanyahu non fa il tifo per lui ma, soprattutto, perché se gli Usa vogliono ancora ambire ad essere una guida morale per il resto del mondo, forse questa è proprio l’ultima spiaggia.

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