di Fiore Isabella

In questo nostro amato Paese la mobilità lungo lo stivale, per lavoro o per il sicuramente più gradito viaggio di piacere, non richiede fortunatamente il rilascio di un certificato di sana e robusta costituzione che attesti l’efficienza prostatica, il controllo al 100% degli sfinteri o la vescica a prova di prolasso. Eppure la fruizione dei servizi igienici nella stazione Porta Nuova della nobile Torino, e in molti altri importanti scali ferroviari, sembra essere riservata ai giovani e, al limite, agli attempati turisti avanti con l’età ma adeguatamente cateterizzati.

La mattina del 31 dicembre 2023, di ritorno dal Regno Unito dove gli eleganti e pubblici “scaricavesciche” non mancano e sono tenuti anche bene, sono rimasto affascinato dal look della stazione torinese, da tempo ormai memorabile non più frequentata da valigie di cartone, avvolte da gomitoli di spago e sollevate dalle mani callose degli immigrati meridionali con le scarpe chiodate e le giacche di fustagno. Entrando in quella stazione ferroviaria, per di più durante le feste natalizie, si ha la sensazione di trovarsi, dando ovviamente fondo a stipendi e tredicesime, in un immenso centro vendite con vetrine addobbate di tutto ciò che può essere comprato e consumato. E qualora l’effervescenza espositiva risultasse poco convincente c’è sempre l’avvenente commessa che ti trascina dentro e ti fa toccare con mano l’affidabilità dell’articolo, sia esso una borsa di pelle pregiata, un indumento all’ultimo grido, un brillante o uno swarovski.

Quando si tratta di merce da vendere al viaggiatore col trolley e con la carta di credito ben pasciuta gli si aprono le porte, compresa quella della toilette privata in formato salotto. Se cerchi, invece, i servizi igienici pubblici, quelli a cui si accede da comuni mortali e finanche da barboni avvolti in coperte di cartone, l’accesso diventa complicato. Nella mia lunga attesa su una delle poche panchine esonerate dal vincolo del consumo obbligatorio, e fatti fuori un paio di panini farciti con l’intramontabile prosciutto di maiale, sono andato alla ricerca di un bagno pubblico per esaudire i miei bisogni fisiologici. Ho chiesto lumi ad un operatore delle pulizie che mi informava preventivamente che la fruizione della toilette era possibile solo se in possesso del biglietto ferroviario. Rinfrancato dall’informativa che non mi precludeva un sacrosanto diritto, dribblando le vetrine fosforescenti, ho raggiunto la toilette ermeticamente protetta da un marchingegno di accesso digitale, per le mie competenze tecnologiche assolutamente insormontabile. Al contempo, nessuna presenza umana si aggirava nei dintorni del servizio pubblico a cui fare riferimento per eventuali supporti e chiarimenti.

Resta un dato di fatto mortificante codificato nel Testo Unico delle Leggi sulla Pubblica Sicurezza (Tulps) che prevede che i proprietari di attività di somministrazione devono mettere a disposizione un bagno gratuito per i clienti paganti. Per gli altri, muniti soltanto di biglietto di viaggio e senza alcuna voglia di fare shopping o di consumare il cornetto, non c’è nessuna via d’uscita se non quella di riuscire a trattenersi per non “pisciare” per strada.

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