Da che ho ricordo, e quindi sin dagli anni Sessanta, la classe politica italiana non ha brillato per efficienza ed onestà. Con eccezioni virtuose che ognuno potrà ricordare e che, probabilmente, non coincideranno con le opinioni di tutti. Persone ritenute eccellenti da alcuni sono giudicate pessime da altri. Il fatto innegabile è che il paese è governato male e il sintomo più evidente del malgoverno è l’enorme debito pubblico che ci mette nelle mani degli usurai globali, in grado di mandare a gambe all’aria un paese. Continuiamo a fare debiti e gli interessi che dobbiamo pagare ci costringono a contrarre altri debiti, i cui interessi aumentano perché, essendo già così indebitati, non diamo buone garanzie di poter onorare gli impegni presi.

Quando si tratta di ridurre il debito, i rimedi proposti sono sempre gli stessi: aumentare le tasse, tagliare le spese e privatizzare gli asset pubblici. Ed ecco che scompare, come per incanto, un rimedio che, beffardamente, ci aveva proposto in uno spot uno dei governi passati: meno tasse per tutti. Beffardamente perché l’evasione fiscale è una delle cause del debito.

Le casse dello Stato si riempiono di risorse con i versamenti dei cittadini nella cassa comune. Ma moltissimi non versano, e la “cassa comune” partecipa comunque al soddisfacimento dei loro bisogni, con i soldi versati da altri. Quel “tutti” associato a “meno tasse” potrebbe significare che se “tutti” pagassero le tasse, ci sarebbero “meno tasse” per tutti. Ma chi non paga le tasse, ritenendole un pizzo di stato, legge l’auspicio in un altro modo: “tutti” devono pagare “meno tasse”, includendo nel “tutti” anche chi le paga. Cuccagna per tutti: niente tasse! Giusto un po’ di tasse indirette, quelle che tutti pagano quando acquistano qualcosa, e poi, finalmente: liberi dalle tasse.

Mia figlia, quando era piccolina, si sorprese che ci fossero persone indigenti: basta andare al bancomat, e lì prendi i soldi. Molti adulti pensano così: basta stampare soldi e tutto si aggiusta. Oppure pensano che chi paga le tasse sia un fesso, come una volta un presidente del Consiglio sottintese più o meno velatamente. Finì condannato per frode fiscale, ma questo è un dettaglio di scarsa rilevanza.

Quando Mani Pulite spazzò via un sistema basato sulla corruzione, arrivò proprio quel personaggio, a prendere il posto del suo amico in esilio con condanne definitive, unto dal signore e da un consenso plebiscitario. Uno zoccolo durissimo di elettori persevera nello scegliere persone che perpetuano il saccheggio dello stato e l’aumento del debito pubblico. Intendiamoci, non c’è nulla di male se il debito è “buono”, cioè se genera lavoro e prosperità economica. Il New Deal di Roosevelt si basava su enormi investimenti federali in opere pubbliche che innescarono un processo di rinascita dell’economia statunitense.

Queste cose non sono gradite in Italia. Noi siamo come la famiglia che vende i mobili di casa, poi vende la casa, e poi va in affitto in un appartamento spoglio, continuando a chiedere soldi in prestito, senza mai intraprendere comportamenti virtuosi. Abbiamo svenduto l’industria di stato, gli asset strategici della nostra economia, e il nostro debito è sempre più controllato da altri. Chi parla di “onestà” viene deriso e subito si cerca qualche macchia sul suo comportamento per dimostrare che “è come gli altri”. Non devo fare esempi. Il teorema “tutti colpevoli significa tutti innocenti” ci libera da ogni remora morale. Lo Stato è uno strozzino, la magistratura è forcaiola, la scienza è disonesta, i politici sono tutti uguali. Se qualcuno accusa di comportamenti illeciti chi detiene il potere, la difesa non si basa sul dimostrare l’innocenza, ma nell’accusare delle stesse cose gli avversari politici.

La strategia che mira a questo atteggiamento riscuote un notevole successo. Non è importante vincere le elezioni, l’importante è che la maggior parte degli elettori che vogliono qualcosa di diverso non trovi offerta politica e non voti. Poi ci si mette d’accordo, e il gioco può continuare.

Già al tempo della rassegnazione di “morire democristiani”, chi pensava diversamente si “ritirava nel privato” e staccava la spina dall’impegno politico. Cosa che feci anche io, e che continuo a fare, nel mio piccolissimo. Compresa l’inutilità dei miei sforzi nell’impegno politico, mi dedicai allo studio della biodiversità e degli ecosistemi. I sistemi naturali non barano, ma neppure i sistemi politici, visto che la nostra specie, in tutte le sue espressioni, fa parte della natura. Chi si comporta come noi è destinato a… mi verrebbe da dire che è destinato a soccombere, ma poi non è proprio così, in natura.

Ci sono moltissime specie parassite, opportuniste, che vivono a spese di altre specie. I fieri leoni sono preda di parassiti intestinali che se li mangiano dall’interno. Noi siamo i nematodi della geopolitica o, se volete, gli acantocefali. I parassiti sono molto evoluti e hanno specializzazioni estreme: non uccidono i loro ospiti, come fanno i predatori, è loro interesse che restino in vita e che continuino a provvedere ai loro bisogni.

Certo, se i parassiti “succhiano” più di quello che l’ospite può dar loro, lo possono portare alla morte. Una zanzara succhia una porzione infinitesima del nostro sangue, ma se ci dovesse pungere un miliardo di zanzare moriremmo dissanguati. E forse questa è la nostra condizione attuale. Per ucciderle tutte ci vorrebbe talmente tanto insetticida da uccidere pure noi. Buon anno.

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