In Iran il nastro trasportatore della morte funziona a ciclo continuo, anche nei confronti di persone coinvolte nelle proteste del movimento Donna Vita Libertà. Dall’autunno del 2022 otto di queste persone sono state impiccate, almeno 15 rischiano la pena di morte e cinque hanno già ricevuto la condanna: Manouchehr Mehman Navaz, Mansour Dahmardeh, Mohammad Ghobadlou, Mojahed Kourkouri e Reza Rasaei.

Le vicende di questi due ultimi prigionieri sono esemplificative dell’irregolarità dei processi che terminano con condanne alla pena capitale, basati su “confessioni” estorte con la tortura.

Kourkouri è stato condannato all’impiccagione per i reati di “moharebeh” (inimicizia contro Dio), “efsad-e fel arz” (corruzione sulla terra) e “baghi” (ribellione armata contro lo stato). Secondo l’accusa, durante la protesta del 16 novembre 2022 nella città di Izeh, nella provincia del Khuzestan, ha ucciso un bambino di nove anni, Kian Pirfalak.

Kourkouri non ha preso parte alla manifestazione e i parenti del bambino hanno accusato le forze di sicurezza di aver aperto il fuoco contro l’automobile su cui era a bordo la famiglia Pirfalak. Il 18 novembre, durante il funerale, la madre di Kian ha detto: “Ascoltate da me come sono andate le cose, così quei menzogneri non potranno dire che sono stati dei terroristi”.

Troppo tardi. La propaganda ufficiale aveva già stabilito che il bambino era stato ucciso da “agenti del terrorismo”. Il nome di Kourkouri aveva già iniziato a circolare sugli organi d’informazione statali.

Anche Reza Rasaei è stato condannato a morte, per “moharebeh”, in relazione a un omicidio avvenuto durante una protesta: quello di Nader Beirami, un dirigente delle Guardie rivoluzionarie, avvenuto a Sahneh, nella provincia di Kermanshah, il 18 novembre 2022.

Testimoni presenti hanno riferito che Rasaei era presente alla manifestazione e che teneva un cartello con entrambe le mani; al momento dell’accoltellamento di Beirami, si era avvicinato per vedere cos’era successo.

Rasaei è il “colpevole” ideale: era noto per aver protestato pubblicamente contro l’arresto di un cugino coinvolto in attività politiche. Inoltre, appartiene alla minoranza yarsan, che pratica un culto-preislamico diffuso soprattutto tra i curdi in Iran e in Iraq.

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