E così Libero mette il burqa a Giorgia Meloni in copertina, calzandole in testa la definizione “Uomo dell’anno”, facendo scomparire la sua identità di genere e occultando il fatto che sia una donna. Nonostante Giorgia Meloni non avesse alcun problema a dichiararsi “donna” se si ricorda la frase, diventata un vero tormentone, che pronunciò a Madrid e in piazza San Giovanni a Roma, il 19 ottobre del 2019: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana”.

Che ne pensi la diretta interessata non si sa, intanto la cancellazione è servita. Il patriarcato che tanti intellettuali si sono affrettati a dichiarare morto e sepolto ha questo volto e parla questo linguaggio. Mario Sechi che ha firmato lo sperticato omaggio ad una premier “femmina ma non femminista”, in prima pagina, è un esempio del peggior conservatorismo italiano che è talmente spaventato dai cambiamenti sociali, che faticosamente stanno avvenendo nel Paese, da affermare che la negazione dell’identità di genere della premier sarebbe il vero femminismo.

Secondo costoro, essere donna non si concorderebbe con un ruolo istituzionale che avrebbe bisogno di una falsa neutralità ben dotata di quegli attributi maschili, biologici o simbolici, che donano carattere e capacità a chi è chiamato a ricoprire ruoli di prestigio e potere. L’identità di genere femminile sarebbe giustamente nominata invece quando viene riferita a ruoli subalterni, di cura, di sostegno, di servizio ma non per condurre un Paese. O sei uomo o devi rappresentarti come tale. Del resto Giorgia Meloni, il giorno dopo la nomina alla presidenza del Consiglio, si è affrettò a rassicurare i suoi sostenitori e colleghi di partito, inviando un comunicato alle redazioni chiedendo di essere chiamata “il presidente”.

Il messaggio è stato chiaro: non avrebbe messo in discussione i rapporti di potere tra uomini e donne e si sarebbe discostata dalle deputate o senatrici che si sono battute, e si battono ancora oggi (vedi la polemica tra Maria Cecilia Guerra e Giorgio Mulè alla Camera) per vedere riconosciuta la declinazione al femminile dei ruoli parlamentari, chiedendo di essere rispettate per la loro identità di genere. Essere donna non è un disvalore o un’offesa che deve essere silenziata nei luoghi istituzionali.

Si sbaglia Mario Sechi quando confusamente scrive che Giorgia Meloni ha dissolto il tetto di cristallo. Lo ha fatto ma solo per se stessa e potrebbe farlo richiudere dietro di sé o potrebbe averlo rotto per far cadere i cocci sulla testa delle italiane, come disse Alessandra Bocchetti.

L’ultra conservatorismo della destra che è al Governo del Paese, del resto, emerge nelle scelte politiche fatte finora. Il Governo presieduto da Giorgia Meloni non ha varato alcun intervento politico significativo per contrastare il gender gap che è uno dei perenni problemi del Paese. Ed emerge anche quando ad ogni piè sospinto i politici di Fratelli d’Italia valorizzano la funzione riproduttiva delle donne, come fossero incubatrici. L’ultima è stata l’uscita della senatrice Lavinia Mennuni che è intervenuta l’altro ieri a Coffee Break, celebrando le parole della madre che le aveva raccomandato, fin da quando aveva 12 anni, di coltivare la maternità come sua prima aspirazione.

Non donne, non persone ma una funzione riproduttiva. Giorgia Meloni ha azzerato il tetto di cristallo finora solo per se stessa e i suoi sostenitori le sono talmente grati da riconoscerle di essere un vero uomo.

@nadiesdaa

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