Nel 2023 le richieste di informazioni sul fine vita all’Associazione Coscioni sono state quasi 14mila. Si tratta di una media di 38 richieste al giorno con un aumento del 23,8% rispetto ai 12 mesi precedenti, segno di un evidente interesse sul tema dell’autodeterminazione e sul cosiddetto “suicidio assistito”. Negli ultimi dodici mesi sono 3 le persone che hanno ottenuto l’accesso alla morte volontaria assistita in Italia. Si tratta di “Anna”, morta il 28 novembre a casa sua, a Trieste, a seguito dell’autosomministrazione di un farmaco letale, “la prima italiana ad aver completato la procedura prevista dalla Consulta con la sentenza Cappato\Antoniani, con l’assistenza diretta del Servizio sanitario nazionale (SSN), a seguito dell’ordine del Tribunale di Trieste”, che era affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva, e di “Gloria”, in Veneto, 78enne malata oncologica. Inoltre in Toscana, qualche mese fa a Piombino, in provincia di Livorno, anche una persona non in contatto con l’Associazione ha ottenuto l’aiuto alla morte volontaria in applicazione della sentenza.

Negli ultimi 12 mesi sono arrivate 13.977 richieste di informazioni sul fine vita tramite il Numero Bianco coordinato dalla compagna di Dj Fabo Valeria Imbrogno e le email dirette all’Associazione Luca Coscioni. Nello specifico, 2470 erano richieste di informazioni su eutanasia e suicidio medicalmente assistito (circa 7 richieste al giorno, +16,7% rispetto all’anno precedente) e 782, invece, erano domande in merito all’interruzione delle terapie e alla sedazione palliativa profonda (circa 2 richieste al giorno, +35,5% rispetto l’anno precedente). Informazioni riguardanti le procedure italiane o contatti con le strutture svizzere per il percorso di morte volontaria medicalmente assistita sono invece state fornite a 533 persone (51% donne, 49% uomini).

In questo stesso anno sono 3 le persone che hanno avuto accesso alla morte volontaria assistita in Svizzera non in clandestinità, cioè con successiva autodenuncia delle persone che li hanno accompagnati, che ora rischiano da 5 a 12 anni di carcere: a febbraio Paola, malata di Parkinson in forma ormai gravissima, di Bologna, per cui si sono autodenunciati Felicetta Maltese e Virginia Fiume; a novembre Margherita Botto, con un adenocarcinoma al terzo stadio, di Milano, con autodenuncia del fratello Paolo Botto e Cinzia Fornero; e nello stesso mese Sibilla Barbieri di Roma, malata oncologica terminale, per cui si sono autodenunciati il figlio, Vittorio Parpaglioni, e l’ex Senatore radicale Marco Perduca, che l’hanno accompagnata, ma anche l’Onorevole Riccardo Magi, il Senatore Ivan Scalfarotto e l’ex Senatore Luigi Manconi, che hanno contribuito all’organizzazione. In tutte le autodenunce si è aggiunto Marco Cappato come responsabile legale dell’Associazione Soccorso civile e sono stati menzionati nel verbale tutti gli iscritti a quell’associazione.

In assenza di una legge nazionale che regolamenti l’aiuto alla morte volontaria, ovverosia l’accesso al “suicidio assistito”, in Italia questa scelta di fine vita è normata dalla sentenza della Corte Costituzionale sul caso Cappato/Antoniani, il noto caso di Dj Fabo, che ha reso legale l’accesso alla procedura ma solo a 4 condizioni di salute dei richiedenti: 1) essere capaci di autodeterminarsi; 2) essere affetti da patologia irreversibile; 3) la presenza di una fonte di sofferenze fisiche o psicologiche ritenute dalla persona intollerabili; 4) essere dipendenti da trattamenti di sostegno vitale. Sono 12 invece le regioni che hanno deciso di avviare un iter per avere una legge. In Veneto e Friuli Venezia Giulia l’iter di discussione nei Consigli regionali è ben avviato. Gli uffici tecnici di Regione Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana. Oltre a queste anche in Sardegna, Basilicata e Lazio la proposta di legge è stata depositata tramite l’iniziativa dei consiglieri regionali o per iniziativa dei Comuni. Proposte analoghe sono state depositate in Puglia, Marche e Calabria. Sono in corso raccolte firme per il deposito della proposta tramite l’iniziativa popolare in Lombardia e Toscana.

Articolo Precedente

Contro la violenza di genere siamo sulla strada giusta? Dopo un anno terribile, una luce c’è

next
Articolo Successivo

Nei centri antiviolenza impennata di richieste dopo il caso Cecchettin. Ma il governo sceglie la via securitaria

next