L’estrema destra tedesca di Alternative für Deutschland (AfD) vola nei sondaggi: le ultime rilevazioni la stimano seconda forza a livello nazionale col 21% e addirittura prima, con più del 30%, nei Länder dell’est. Di recente il partito ha vinto alcune importanti elezioni locali in Turingia e in Sassonia, nonostante in entrambi gli Stati (come anche in Sassonia-Anhalt) i servizi lo classifichino come “forza estremista da sorvegliare“, e in tutto il Paese come “caso sospetto“. Marco Wanderwitz, parlamentare del Bundestag eletto in Sassonia per i conservatori della Cdu, ha lanciato l’allarme con una metafora: “Sono cinque minuti prima di mezzogiorno. Se discutiamo finché saranno passati cinque minuti dopo mezzogiorno, la democrazia avrà spento le luci”. E ha raccolto tra tutte le forze politiche i 36 co-ricorrenti necessari per avviare una procedura di messa al bando di fronte alla Corte costituzionale.

Nei tre Länder dove l’Afd è considerata estremista, peraltro, i servizi possono usare metodi di intelligence (ad esempio agenti sotto copertura) per osservarne strutture e vie di comunicazione e cogliere elementi utili allo scopo. L’iniziativa, però, non convince Olaf Scholz: “Non sono favorevole ad una proibizione della AfD; sono convinto che le cittadine ed i cittadini faranno sì che questo partito perda peso”, ha detto al der Spiegel il cancelliere socialdemocratico, anche se i risultati delle ultime elezioni in Assia e Baviera vanno in senso opposto. Anche il ministro della Giustizia Marco Buschmann, dei liberali dell’Fdp, ritiene il ricorso azzardato: sarebbe “una festa per la propaganda della AfD”, dice alla Stuttgarter Zeitung. Lapidario pure l’ex Presidente della Repubblica Joachim Gauck: “Non possiamo vietare tutto quello che non ci piace”, dichiara alla Augsburger Allgemeine. Reazioni sconcertate dalla AfD: il progetto di Wanderwitz “non è assolutamente democratico ed è contrario al diritto, ricorda i tempi più bui e oscuri della nostra storia”, commenta il leader del partito, Tino Chrupalla, mentre la co-presidente Alice Weidel parla di “metodi da Stasi”.

Nella storia tedesca finora la Corte di Karlsruhe ha messo al bando soltanto due forze politiche: nel 1952 il Sozialistische Reichspartei, un successore del partito nazista, e nel 1956 il partito comunista Kpd. Un procedimento fu aperto per due volte contro un’altra forza neonazista, la Npd, concludendosi con due fallimenti: la seconda volta, nel 2017, i giudici ritennero che nonostante il partito perseguisse “obiettivi anticostituzionali”, non fosse in grado di “nuocere al libero ordine democratico” per la sua scarsa influenza politica. Quest’ultimo argomento di certo non potrebbe essere usato ora per la AfD, ma la strada dei ricorrenti è comunque in salita: la messa al bando è giustificata solo se un partito promuove nel suo programma, e persegue con condotte apertamente combattive, l’abbattimento dell’ordine democratico. Ma la giurisprudenza non chiarisce se è sufficiente che i suoi rappresentanti si lascino andare ripetutamente a dichiarazioni islamofobiche e contro gli omosessuali, dichiarino di voler eliminare il servizio radiotelevisivo pubblico o sfoggino apertamente simpatie naziste.

La messa al bando farebbe decadere tutti gli eletti e colpirebbe anche eventuali forze politiche che volessero raccogliere l’eredità della AfD. Ma iscritti ed elettori non sparirebbero e probabilmente si allontanerebbero ancor più dalla democrazia. Anzi: l’apertura della procedura potrebbe innescare un effetto-boomeerang già alle elezioni locali del 2024, quando si voterà sia in Turingia che in Sassonia. Sulla Süddeutsche Zeitung, il politologo Albrecht von Lücke ha avvertito che la AfD potrebbe essere già “too big to forbid”, cioè troppo grande per essere vietata senza indebolire la democrazia.

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