Con una lettera inviata in queste settimane ai Comuni, alle associazioni Commercianti e Confindustria delle province interessate, il concessionario dell’Autostrada Brescia Padova ha avviato un confronto per approfondire il progetto di quarta corsia e le sue ricadute ambientali.

Il meccanismo è sempre lo stesso: con l’avvicinarsi della scadenza della concessione prevista nel 2026, i concessionari propongono nuovi investimenti e potenziamenti della rete da loro gestita per assicurarsi il rinnovo evitando la messa in gara. La concessionaria A4 Brescia-Padova, gestita dagli spagnoli di Abertis sulla base di una discutibile valutazione fatta in casa propria, ha avanzato questo progetto al di fuori del contesto programmatorio nazionale a cura del Ministero dei Trasporti e del Ministero dell’Ambiente. Non solo: il processo decisorio è partito al contrario con portatori d’interessi singole associazioni corporative come i costruttori, gli autotrasportatori e gli artigiani; mentre gli Enti Locali fanno da spettatori, sperando di avere qualche compensazione economica per condizionare gli Enti Istituzionali preposti, in questo caso il Ministero dei Trasporti.

Ciò è in contrasto con ogni logica di programmazione e di pianificazione. Fosse stato per questi stessi potatori d’interessi, oggi avremmo lo shunt della TAV all’Aeroporto di Montichiari, con il terminal passeggeri dismesso. L’avvio dei lavori della costosissina Tav Brescia Verona Padova aveva e dovrebbe ancora avere un obbiettivo strategico nella mobilità di persone e merci sulla direttrice est-ovest, tale da alleggerirne il traffico stradale, e quindi non dovrebbe essere necessaria la quarta corsia.

Il risultato di aver realizzato sia la Tav Milano-Brescia che la Brebemi ha indebolito entrambe le infrastrutture. Sulla prima circolano 50 treni al giorno, mentre la capacità della tratta è di 300 treni, sulla seconda i veicoli sono 20mila e la capacità di 120mila giorno. Con un aumento di capacità, sia ferroviaria che stradale, sulla Brescia Venezia si rischia lo stesso modesto risultato.

Va chiarito che un’eventuale quarta corsia, se mai si realizzasse, non sarebbe un “regalo” degli spagnoli di Abertis (gli attuali gestori del tratto autostradale Brescia Venezia), ma frutto dell’utilizzo di una parte degli extraprofitti derivanti dalla riscossione dei pedaggi. Ciò accadrebbe se ci fosse un Ministero dei Trasporti che usa le sue competenze fino in fondo e non il “validatore” di tutte le grandi, medie e piccole opere che ogni territorio propone sulla base di spinte corporative, lobbistiche e senza una analisi costi-benefici che le giustifichi – così si spiega anche l’alto debito pubblico italiano.

Questa iniziativa è la drammatica messa in evidenza di quello che succede quando lo Stato abdica al ruolo di programmazione e lascia che a decidere le regole del gioco siano i concessionari, che sono gli inaccettabili feudatari di infrastrutture pubbliche, loro affidate ma di sempre di proprietà pubblica e non privata. Di fronte ad un progetto che lascia una strozzatura da Bergamo a Brescia, un Ministero per le infrastrutture degno di questo nome dovrebbe dire: “ottima idea, rimettetemela sul tavolo quando il percorso sarà completo e allora avrete il mio via libera”.

Qui invece si arriva al paradosso: invece che completare il percorso dove si dovrebbe si “ruba” una strada esistente, la “Corda molle” – ossia la Montichiari-Ospedaletto, così nota per la sua forma tondeggiante – pagata dai cittadini con i pedaggi dell’A21, e la si mette a reddito di chi non l’ha pagata per remunerarlo di un investimento che non fa.

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