“Non sta a me giudicare come il governo italiano gestisce la politica sull’immigrazione. Noi possiamo fornire supporto sia a Paesi membri che a Paesi terzi e diamo sostegno all’Albania, ma il nostro regolamento non ci permette di fare rimpatri da Paesi terzi. Non ci è consentito di aiutare l’Albania a rimpatriare migranti. Se l’Italia ha bisogno di aiuto possiamo farlo sul suolo italiano con la giurisdizione italiana”. A dirlo è il direttore esecutivo dell’Agenzia europea Frontex, Hans Leijtens, in audizione al Comitato Schengen in Parlamento, rispondendo a una domanda sull’accordo tra Italia e Albania. Un argomento da tenere in considerazione viste le difficoltà, e i costi, che l’Italia dovrà affrontare per ottenere in Albania risultati migliori di quanti non ne ottenga in Italia. Leijtens conferma: “L’Europa ha accordi con Paesi che accettano di riprendersi i propri cittadini, ma i numeri sono bassissimi”.

Alla variabile Frontex si aggiunge poi un’indiscrezione che arriva da Bruxelles, secondo cui i richiedenti che dovessero ottenere l’asilo nei centri albanesi gestiti dall’Italia rischia l’esclusione dal meccanismo europeo di ridistribuzione che il nuovo Patto migrazione e asilo introdurrà se l’Unione riuscirà ad approvarlo entro fine legislatura. Quello dei costi elevati dell’accordo albanese resta il tema più dibattuto. “Di certo inferiori a quanto emerso su alcuni organi di stampa. Ma vanno visti come investimenti nella gestione delle politiche migratorie. Ci saranno poi compensazioni per i costi che gravano sul sistema d’accoglienza a causa dei massicci arrivi di migranti”, ha assicurato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, rispondendo al question time alla Camera, pur senza fornire altre cifre rispetto ai 200 milioni di euro dichiarati ieri dal ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo che il cdm aveva dato l’ok al ddl di ratifica del trattato sul quale dovrà esprimersi il Parlamento.

Ma nell’audizione di Leijtens i dispiaceri non finiscono qui. Molti ricorderanno il documento di Frontex citato dal governo Meloni nel novembre 2022. Piantedosi dichiarò in parlamento che quelle analisi dimostrassero come “la presenza di assetti navali delle Ong in prossimità delle coste libiche continui a rappresentare un fattore di attrazione“. Il misterioso report non venne mai esibito. La teoria del pull factor era già stata smentita dalla letteratura scientifica. Ma dopo gli oltre 150mila sbarchi del 2023 e gli ostacoli imposti dal governo alle ong tanto da ridurne la presenza in mare, nemmeno l’esecutivo ha più avuto il coraggio di gridarla ai quattro venti. A quanti non hanno la memoria corta interesserà comunque sapere che, di fronte al Parlamento, Leijtens ha smentito un’altra volta: “Le ong sono un fattore di attrazione per i migranti? Non ci sono fatti che lo dimostrano. Non so se i migranti pensano che vale la pena rischiare perchè c’è una nave umanitaria. Fossi in loro non rischierei a salire su barche costruite in 24 ore”, ha detto. E non si può certo affermare che Frontex sia vicina alle Ong.

“L’Italia sta subendo una forte pressione migratoria e sarà così anche in futuro. Con Frontex c’è una cooperazione eccellente: le autorità italiane hanno standard elevatissimi di professionalità, stanno facendo il massimo ogni giorno. Ovviamente ci sono anche aspetti critici che dobbiamo affrontare”, ha proseguito. Per Leijtens “occorre evitare in primo luogo che la gente parta. I trafficanti guadagnano moltissimo portando persone in piccole imbarcazioni che non sono state costruite per attraversare il Mediterraneo: a volte ne partono 30 tutte insieme dalla Tunisia, c’è un’organizzazione, un business che fattura miliardi di dollari. Dobbiamo collaborare con i Paesi del Nordafrica“. Sull’accordo con Tunisi, che il governo continua a rivendicare come modello nonostante le partenze non si siano fermate, in un’intervista a La Stampa ha precisato: “Bisogna essere consapevoli che questi accordi forse non danno frutti nell’immediato. Ma, per una gestione a lungo termine, parlare con le autorità locali è fondamentale”. Ancora: “La rotta del Mediterraneo Centrale rimane la principale. Sebbene i numeri si stiano stabilizzando negli ultimi mesi, ci sono reali preoccupazioni per questa rotta, che è destinata a essere molto frequentata”. I motivi: “Le condizioni di povertà e i cambiamenti climatici, soprattutto nell’area subsahariana, continuano a essere un fattore di spinta che viene sfruttato dai trafficanti di esseri umani per fare affari”.

La credibilità di Frontex è stata recentemente minata dagli scandali che nel 2022 hanno portato alle dimissioni dell’ex capo Fabrice Leggeri, travolto dalle accuse di respingimenti illegali dei migranti. Una pratica già messa in atto da diversi Paesi europei, Italia compresa, che in tanti ritengono l’Agenzia continui ad avallare. “Da quando ho assunto l’incarico, ho cercato di lavorare in totale trasparenza, per garantire la piena responsabilità con l’obiettivo di riconquistare la fiducia nella nostra agenzia”, ha detto Leijtens alla Stampa. Il direttore confida nel Patto migrazione e asilo che entro la legislatura potrebbe essere licenziato dall’Unione europea: “Migliorerà senza dubbio la situazione attuale”. Ma “il vero problema è che manca una narrativa comune. Dobbiamo agire insieme, e per farlo è necessario capire che questo è un problema di tutti, non solo degli Stati membri più esposti”.

I nuovi Re di Roma

di Il Fatto Quotidiano 6.50€ Acquista
Articolo Precedente

Faccia a faccia tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini a Palazzo Chigi

next
Articolo Successivo

Da viceré di Berlusconi alla cena (con foto) con consiglieri Pd e M5s: Miccichè dà la carica alle opposizioni unite contro la giunta Schifani

next