C’è il via libera del Consiglio dei ministri al disegno di legge di ratifica dell’intesa tra Italia e Albania sui migranti. Nelle strutture previste dal Protocollodue, e da sole costeranno quanto tutti i Cpr italiani – “possono essere condotte esclusivamente persone imbarcate su mezzi delle autorità italiane all’esterno” dei confini marittimi dell’Unione europea, “anche a seguito di operazioni di soccorso”.

L’inedito progetto dovrà infatti fare i conti con il diritto europeo e internazionale, e nelle scorse settimane l’unica osservazione pubblica arrivata da Bruxelles ha precisato l’importanza del “luogo dove opera un’imbarcazione”, e che quindi se il salvataggio avviene in acque internazionali “non si applica il diritto di asilo comunitario e l’Italia è legittimata a portare queste persone in un altro Paese”. Nella bozza entrata in Consiglio dei ministri si prevedono oneri per circa 87 milioni di euro a partire dal 2024, ma quelli complessivi non erano ancora messi nero su bianco.

Le due aree sono equiparate “alle zone di frontiera o di transito”, dove “si prevede l’espletamento delle procedure accelerate” al confine, e sono “sono assimilate rispettivamente agli hotspot e ai centri di permanenza per il rimpatrio”, spiega Palazzo Chigi nel comunicato post Consiglio dei ministri che ha dato l’ok al protocollo firmato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal premier albanese Edi Rama.

La competenza sulle procedure per le richieste di asilo sarà del Tribunale di Roma. È previsto che solo in “casi eccezionali” sia possibile trasferire il migrante dalle strutture albanesi a strutture corrispondenti situate nel territorio italiano, su disposizione del responsabile italiano del centro: in questi casi è comunque prevista la “persistenza del titolo di trattenimento e la continuazione della procedura avviata, senza la necessità di avviarla ex novo”, ha spiegato il governo dopo l’ok al protocollo, criticato da diverse parti nell’ultimo mese.

I centri potranno tecnicamente ospitare fino a 3mila persone, ma almeno in una fase iniziale saranno in realtà molte meno e in ogni caso il numero va inteso come totale annuo e non in contemporanea. Al porto di Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening. A Gjader, nel nord ovest dell’Albania, realizzerà una struttura modello Cpr per le successive procedure.

Per la prima, assimilata dal disegno di legge a un hotspot, è previsto un perimetro di circa 240 metri, con una recinzione esterna di 4 metri. L’altra, un centro di permanenza per il rimpatrio, dove avverrà l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale e per il rimpatrio dei migranti che non hanno diritto a entrare e stare in Italia, sorgerebbe su una superficie edificabile di 77.700 metri quadrati, dove ora ci sono dieci edifici definiti “fatiscenti” nelle schede dello stesso protocollo.

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