di Leonardo Botta

Alcuni antefatti.
2013. Enrico Letta nomina nel suo governo Josefa Idem, parlamentare Pd, ministra per la Pari Opportunità. Dopo qualche mese la Idem si dimette in seguito ad alcune notizie riguardanti sue irregolarità contributive.
2015. Maurizio Lupi si dimette da ministro dei Trasporti del governo Renzi, per alcune vicende di presunta corruzione di persone a lui vicine e perché accusato di aver agevolato la carriera professionale del figlio. Lupi non sarà mai rinviato a giudizio per tale caso.
2016. Tocca a Federica Guidi, ministra dello Sviluppo Economico dello stesso governo Renzi, dimettersi in seguito alla pubblicazione di alcune intercettazioni in cui si intrattiene con il compagno, indagato per una vicenda relativa allo smaltimento di rifiuti di un impianto Eni di Potenza (la Guidi non era e non è stata, successivamente, nemmeno indagata).

Veniamo ai nostri giorni. Si fa la conta di episodi di malaffare o malcostume che coinvolgono esponenti del governo Meloni:
Da Augusta Montaruli, condannata per peculato e dimessasi dall’incarico di sottosegretaria (ma prontamente ricompensata con un bel premio di consolazione, un incarico in commissione di vigilanza Rai).
A Daniela Santanchè, che già al giuramento da ministra del Turismo mostrava tutti i suoi conflitti d’interesse (vedi amministrazione dello stabilimento balneare Twiga, da cui si è dimessa ma di fatto ha conservato intimi contatti con la società) e poi ha evidenziato le magagne di un’allegra gestione di varie società, tra emolumenti e imposte non pagati, impiego di dipendenti in cassa integrazione.
A Vittorio Sgarbi, la cui venalità è pari solo al suo smisurato ego.
Al sottosegretario leghista Durigon, già coinvolto in un’inchiesta di Fanpage in cui si vantava per aver pilotato la nomina del finanziere che indagava sui finanziamenti illegali al partito, prima di dimettersi dal precedente governo Draghi per le infelici frasi sulla re intitolazione di un parco di Latina da Borsellino-Falcone ad Arnaldo Mussolini; e prim’ancora che emergesse, grazie a Report, un suo disinvolto uso del sindacato Ugl, che gli avrebbe pagato lavori e l’affitto di casa anche dopo essersi dimesso dagli incarichi sindacali per entrare nel governo.

Di fronte a questi sconcertanti casi, paiono davvero peccati veniali la fermata a richiesta concessa da Trenitalia al ministro-cognato Lollobrigida e le indagini su Delmastro per rivelazione di segreto d’ufficio. Tutto sommato vien la voglia di mostrare un po’ di comprensione anche per il presidente del Senato Ignazio La Russa e le sue farneticazioni sull’attentato di via Rasella. Sol perché non è membro del governo né collega di partito della Meloni, stendiamo un velo pietoso e sorvoliamo sulle attività lobbistiche di Maurizio Gasparri, lo stesso che ha inscenato quel vergognoso show in Commissione di Vigilanza Rai, con tanto di cognac e carota branditi all’indirizzo di Sigfrido Ranucci per le sgradite inchieste di Report.

Tutti questi “giganti” della politica nostrana restano, naturalmente, saldamente al loro posto. Giorgia Meloni che con piglio davvero encomiabile, prima di insediarsi a Palazzo Chigi, rispondeva alle accuse di Berlusconi affermando fieramente di “non essere ricattabile” (e non lo è) si mostra molto più concava quando deve valutare provvedimenti decisi, a mio avviso più che opportuni, nei confronti di chi riveste indegnamente, senza disciplina né onore (alla faccia dell’art. 54 della Costituzione) ruoli pubblici così importanti.

Attendiamo con curiosità, infine, di conoscere il futuro politico di Carlo Fidanza, braccio destro della Meloni nell’Europarlamento; il quale, dopo essersi fatto pizzicare in goliardiche riunioni con saluti fascisti e a richiedere finanziamenti in nero per la campagna elettorale di Fratelli d’Italia, ha patteggiato una pena per corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Scommettiamo che, alle prossime elezioni, Fidanza sarà in lista e risulterà tra i primi eletti?

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