Questa mattina a Padova si sono tenuti i funerali di Giulia Cecchettin nella basilica di Santa Giustina davanti ad una folla immensa di persone che, insieme alla famiglia, ai moltissimi amici e alle autorità, ha voluto salutare colei che è diventata il simbolo della lotta contro il femminicidio. La povera Giulia è la centocinquesima vittima dall’inizio dell’anno e chi si occupa e scrive di questi efferati e assurdi omicidi, lo ha fatto ogni volta con sgomento e senso di impotenza misti alla rabbia per un crimine che continua a ripetersi nonostante tante campagne di sensibilizzazione, istituzioni di giornate internazionali contro la violenza sulle donne, misure di contrasto agli abusi fisici e psicologici e inasprimento delle pene per chi uccide una donna che osa ribellarsi al senso del possesso, all’ossessione, alla gelosia patologica, alla mania di controllo totale della vita del partner.

Ogni volta ci troviamo a discutere e a scrivere sul fatto che a monte della piaga del femminicidio vi sia un grave problema culturale, che l’educazione all’interno delle famiglie e nelle aule scolastiche debba avere il ruolo fondamentale di insegnare l’affettività, l’empatia, il rispetto per la libertà altrui e ogni volta ci auguriamo che possa essere l’ultima. La sorella della vittima, Elena, si è spinta più in là ed è stata anche oggetto di critiche per aver parlato di “società patriarcale” ma la sua analisi “non ha fatto altro che chiamare le cose con il loro nome”, come ha tenuto a precisare anche il papà di Giulia durante il discorso che ha letto in chiesa prima di salutare la sua amata figlia e ringraziarla per tutto l’amore che ha saputo infondere nel corso della sua breve vita.

Di donne, giovani e meno giovani, uccise per mano di chi avrebbe dovuto amarle e rispettarle invece di considerarle un oggetto da possedere ne sono morte tante, troppe, ma Giulia è diventata un emblema e il suo assassinio perpetrato dal suo ex fidanzato che non accettava la fine della loro relazione ha scosso un’intera nazione. Forse perché quando è stata data la notizia della scomparsa dei due giovani tutti noi abbiamo sperato fino all’ultimo che potesse trattarsi di un rapimento, di un sequestro da parte di Filippo Turetta, di un gesto che si sarebbe potuto concludere in un altro modo, magari con un ripensamento e un lieto fine. Che non si trattasse di allontanamento volontario purtroppo lo avevamo intuito sin dall’inizio perché Giulia era una giovane donna con una grande progettualità e tanti sogni da realizzare, una laurea imminente, una bella festa da organizzare insieme alla sorella e agli amici più intimi, insieme persino a Filippo con il quale aveva accettato di rimanere amica perché le dispiaceva vederlo soffrire.

Dal racconto della sorella e del papà abbiamo imparato a conoscere Giulia e il suo altruismo ma abbiamo compreso anche quanto Filippo fosse ossessionato dalla fine dei quel rapporto e continuasse a condizionarla, manipolarla, farla sentire in colpa minacciando persino di farsi del male o togliersi la vita se lei avesse smesso di frequentarlo. E invece Turetta la vita l’ha tolta a lei dopo averla vessata e angosciata con dei veri e propri atti persecutori, ricatti morali e frasi del tipo: “Stai troppo con le tue amiche, stai sempre con la tua famiglia invece di stare con me”.

A mio avviso ciò che stavolta ci ha sconvolto tanto e ha portato migliaia di persone in quella piazza davanti al sagrato di Santa Giustina e davanti alla gigantografia di Giulia sorridente e vestita di rosso è stata la morte di una ragazza di 22 anni e la morte della speranza di poterla ritrovare viva se nel suo ex ragazzo fosse prevalso l’amore inteso come rispetto per la felicità altrui e non inteso come senso del possesso. “L’ho uccisa perché l’amavo, doveva essere mia e di nessun altro”, ha detto Turetta nel corso dell’interrogatorio in carcere durato 9 ore.

Ora Turetta rischia l’ergastolo anche se i suoi legali cercheranno di dimostrare che non c’è stata premeditazione e probabilmente chiederanno una perizia psichiatrica. Chissà se dalla sua cella oggi avrà percepito quanto amore, quello vero, si respirava in una delle piazze più grandi d’Europa gremite da tante persone accorse per dare l’ultimo saluto a Giulia.

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