Era 18 maggio 2010 quando per la prima volta la parola prescrizione comparve accanto alla definizione strage di Viareggio. Non era passato un anno da quel 29 giugno 2009, quando l’esplosione a causa del gpl trasportato da un treno merci, deragliato poco fuori dalla stazione, invase i quartieri vicini allo scalo della città della Versilia. Le fiamme bruciarono tutto quello che incontrarono: 32 le vittime, tra cui tre bambini, tantissimi i danni e profonde cicatrici per tutto il territorio. Quel giorno di maggio Loris Rispoli, presidente dell’associazione 140 dei familiari delle vittime della tragedia del Moby Prince (per cui sono andati prescritti anche i risarcimenti, ndr), scriveva all’allora procuratore di Livorno, Francesco De Leo una lettera di ringraziamento auspicando che ”i reati cancellati dal tempo e resi impunibili” non si ripetano perché ‘‘la giustizia che è mancata a noi deve essere assicurata a coloro che seguiranno e il mio pensiero va a processi come quelli della Thyssen e della strage di Viareggio”.

A 14 anni da quell’auspicio e dalla speranza che non accadesse mai più, la prescrizione si è abbattuta sul processo e ha via via cancellato i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime, poi sono stati dichiarati prescritti gli omicidi colposi a seguito dell’esclusione dell’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro per decisione della Cassazione. La Suprema corte rinviò alla corte d’Appello di Firenze per un appello bis. Il 4 dicembre inizierà la discussione in Cassazione e sarà battaglia. Le difese degli imputati ritengono che errata l’applicazione del secondo comma dell’articolo che punisce il disastro – perché si prevede il doppio della pena se si tratta di mezzi che prevedono il trasporto di persona – e ritengono il reato prescritto nel 2020 prima ancora della pronuncia dei giudici sulla irrevocabilità della responsabilità. Ma chiedono, in subordine, l’intervento della Consulta ritenendo illegittimo che per alcuni reati colposi i termini di prescrizione siano stati raddoppiati e possano in alcuni essere più lunghi di alcuni reati dolosi e quindi volontari.

La sentenza d’appello – Il 30 giugno 2022 l’ex ad di Fs, Mauro Moretti è stato condannato a cinque anni per disastro ferroviario colposo. Ma Moretti, che in un primo momento aveva rinunciato prescrizione salvo cambiare idea, è uno dei sedici imputati nel processo. Con lui sono stati condannati Vincenzo Soprano, ex amministratore di Trenitalia, e Michele Mario Elia, ex ad di Rfi, a 4 anni, 2 mesi e 20 giorni; Mario Paolo Pizzadini, manager di Cima Riparazioni, a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni; Daniele Gobbi Frattini, responsabile tecnico Cima riparazioni, a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni; Mario Castaldo, ex direttore divisione di Cargo Chemical, a 4 anni. Condannati i dirigenti e tecnici di aziende ferroviarie austriache e tedesche addette al controllo e alla manutenzione dei carri merci a pene fino ai 6 anni. Assolti Francesco Favo, ex responsabile certificazione sicurezza di Rfi, Emilio Maestrini, ex responsabile sicurezza di Trenitalia; Joachim Lehmann, supervisore di Junghental. Per Moretti i giudici d’appello avevano comunque individuato una responsabilità penale “irrevocabile” senza comunque attribuirgli la mancata riduzione della velocità del treno merci.

La Cassazione e la Consulta – Il processo è arrivato alla Suprema corte grande lentezza perché il fascicolo dell’appello bis è rimasto fermo mesi a Firenze prima di giungere a Roma solo lo scorso maggio, quasi un anno dopo il verdetto bis e dopo che i termini per il ricorso erano scaduti 15 dicembre 2022. Ma la Suprema Corte prima di ogni decisione dovrà valutare le questioni di costituzionalità sollevate dalle difese degli imputati. Una riguarda appunto l’articolo del codice penale che prevede una pena da uno a cinque anni per disastro colposo e al secondo comma che che la pena è “raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone”. E il treno che provocò il rogo, trasformando stazione e case in una specie di zona di guerra, trasportava gpl. Per questo viene contestata l’applicazione del secondo comma e si chiedere la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.

L’altra eccezione riguarda l’articolo 157 che prevede il raddoppio dei termini di prescrizione per alcuni reati tra cui appunto il 449. Norma introdotta proprio per evitare che i grandi processi come questo e con reati colposi potessero finire in nulla come accaduto clamorosamente con il caso Eternit nel 2014. Le difese degli imputati in sostanza sostengono che i termini di prescrizione di un reato colposo non possono essere maggiori di un reato doloso perché questo violerebbe i principi costituzionali dell’uguaglianza di fronte alla legge e il principio di offensività del reato. Secondo le difese quindi il reato deve essere dichiarato estinto oppure deve intervenire la Consulta. In realtà la Corte di Costituzionale ha già deciso in merito stabilendo che può essere previsto un termine di prescrizione uguale per i reati colposi e dolosi nel rispetto della discrezionalità del legislatore.

La difesa: “Vicenda complessa, ma rinvio ulteriore sofferenza” –Un rinvio alla Consulta sarebbe un’ulteriore sofferenza per le famiglie – spiega l’avvocato Gabriele Dalle Luche, legale di alcune parti civili costituite, nonché dell’Associazione dei familiari il Mondo che Vorrei Onlus.- che attendono giustizia da troppo tempo. È una vicenda processuale complessa e complicata che ha portato via inevitabilmente molto tempo. Ma ora è il momento di chiudere, anche se ancora ci chiediamo come la Cassazione abbia potuto escludere l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro”.

Tre le udienze previste a Roma, dove i parenti delle vittime, saranno presenti: 4 e 18 dicembre e 15 gennaio. Comunque difficilmente in caso di conferma delle condanne saranno scontate in carcere le pene per intero in carcere: Moretti ha compiuto 70 anni il 29 ottobre scorso, gli altri imputati come Soprano ed Elia, in caso di conferma, avrebbero la possibilità di chiedere l’affidamento dopo poche settimane. Per quanto riguarda gli imputati stranieri fa precedente quanto accaduto con il caso Thyssen con una estenuante battaglia legale per far scontare in Germania la pena agli imputati. Solo quasi 16 anni dopo il rogo di Torino il manager Harald Espenhahn ha messo piede in un carcere.

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