Il 29 giugno 2009, nella notte della strage di Viareggio, Marco Piagentini perdeva la moglie e due figli tra le fiamme. Sopravvissuto a ustioni sul 90% del corpo insieme al figlio Leonardo, è presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei”, che riunisce i sopravvissuti e i parenti delle 32 vittime del deragliamento del treno che trasportava gpl a pochi metri dalle case più vicine alla stazione. “Quattordici anni fa non ci saremmo mai aspettati tempi così abnormi per avere giustizia – ripercorre l’iter giudiziario falcidiato dalle prescrizioni – il processo non si è ancora concluso e la ‘mannaia’ della prescrizione ha stralciato i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime e gli omicidi colposi”.
Il 4 dicembre inizierà la discussione in Cassazione e, nell’auspicio dei legali dei familiari, a metà gennaio dovrebbe arrivare la sentenza che metta una parola fine all’iter giudiziario: “A meno che non dovessimo assistere a un ulteriore rinvio alla Consulta, che prolungherebbe ulteriormente i tempi – spiega l’avvocato Gabriele Dalle Luche – anche se ancora ci chiediamo come la Cassazione abbia potuto escludere l’aggravante della violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro, è importante arrivare a una sentenza definitiva“.
“Per quanto riguarda disastri colposi e disastri ambientali non si dovrebbe parlare di prescrizione – argomenta Marco Piagentini, che con la rete che unisce le associazioni di familiari e vittime di stragi sostiene da tempo questa battaglia – altrimenti in futuro ci ritroveremo in una situazione come quella che stiamo vivendo noi, con i principali imputati, condannati in primo grado, che probabilmente non sconteranno neanche un giorno di pena in carcere, nonostante abbiano causato la morte di 32 persone”.
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Strage di Viareggio, battaglia in Cassazione sul disastro ferroviario. Le difese degli imputati: “È prescritto”. E chiedono l’intervento della Consulta

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