Dobbiamo guardare con attenzione alla Cop 28 di Dubai perché siamo sull’orlo del baratro, è l’ultima chiamata (forse) per poter rispettare l’accordo di Parigi sul contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°. Da allora, correva l’anno 2015, sono state avviate diverse azioni per la transizione energetica, ma il ritmo è lento: di questo passo a livello mondiale si arriverà ad una diminuzione del 5 – 10% delle emissioni rispetto al 2010 anziché del 45% come previsto dagli Accordi Parigi. Mentre la Legge europea sul Clima parla addirittura di meno 55% al 2030 e di neutralità carbonica al 2050. Ultima nota negativa alle nostre latitudini: l’Italia non dispone né di una Legge sul Clima né di un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici per tamponare i danni del riscaldamento globale.

Mentre c’è bisogno di un mondo a energia rinnovabile, si continuano a sovvenzionare le fonti fossili in tutto il Pianeta. E da noi si pensa fare dell’Italia l’hub europeo del gas, si programmano rigassificatori, si spaccia il nucleare per fonte verde, si tentenna sull’elettrificazione dei trasporti, si continua indefessamente a consumare suolo, si prova ad ogni occasione a riattivare le trivelle per estrarre gas. E mentre tutto questo succede, piangiamo i disastri prodotti dai cambiamenti climatici. Piangiamo e paghiamo: quasi 9 miliardi di euro è il salatissimo conto per rimettere in piedi la Romagna dopo l’alluvione del maggio scorso, mentre la Toscana colpita anch’essa da piogge torrenziali ha accumulato danni per oltre un miliardo.

Mi ha colpito lo studio coordinato da due docenti della Nuova Zelanda, Ilan Noy e Rebecca Newman, che stima in 2.800 miliardi di dollari il costo dei danni creati dagli eventi climatici estremi nel periodo 2000-2019. Ben 16,3 milioni di dollari ogni ora. E si tratta di una cifra ampiamente sottostimata perché mancano i dati dei paesi più poveri, i più fragili da questo punto di vista.
Due giorni fa è stata la società di rating Standard Poor’s a richiamare l’attenzione sui danni economici prodotti dalla mancanza di investimenti per l’adattamento: meno 4,4% per anno del Pil mondiale.

Studi come questi sono all’ordine del giorno: tutti i grandi centri di ricerca internazionale dicono che la transizione costa meno dei danni prodotti dal cambiamento climatico. Sono tutti d’accordo, ma nemmeno Papa Francesco – grande paladino dell’ambiente – è riuscito finora a smuovere le cose, come invece aveva fatto con la storica enciclica Laudato si’ che diede un’accelerata alla definizione degli Accordi di Parigi. “Corriamo sull’autostrada verso l’inferno con il piede che preme sull’acceleratore” ha dichiarato di recente il Segretario generale dell’Onu Guterres.

L’alluvione dei mesi scorsi è stata la dimostrazione conclamata dell’emergenza climatica in atto: dopo un lungo periodo siccitoso, in Romagna sono piovuti in 5 giorni 4,5 miliardi di metri cubi di acqua, ossia l’equivalente del consumo, in Emilia-Romagna, di acqua per usi potabili, industriali e irrigui di tre anni.

Bisogna agire. Noi Verdi lo diciamo dalla nostra fondazione: pensare globalmente e agire localmente. La sfida del cambiamento climatico ci riguarda tutti, ovviamente con diversi livelli di responsabilità nel dare le risposte giuste, ma sulla base del medesimo grado di consapevolezza. Per questo Europa Verde ha lanciato per sabato 2 dicembre la chiamata pubblica per il clima al grido di NON FOSSILIZZIAMOCI!
L’appuntamento è a Bologna, nella centralissima Piazza del Nettuno, alle 11.

Al nostro microfono aperto si alterneranno esperti, esponenti dei Verdi, sindacalisti, associazioni e tutti coloro che vorranno esprimere il loro pensiero.

Anche se surriscaldato, il Pianeta continuerà ad esistere. Siamo noi specie umana che rischiamo di fare la fine dei dinosauri: estinguerci. Per dare una nota di divertimento, con noi in piazza ci saranno anche dinosauri gonfiabili! Per ricordarci che prendersi cura della casa comune – la Terra – riguarda tutti.
Vi aspetto!

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