Il 2023 è stato caratterizzato da eventi meteorologici estremi, come il ciclone Freddy che ha attraversato diverse nazioni africane, gli incendi in Canada che hanno avvolto di fumo il Nord America orientale e le temperature record globali nel mese di luglio. In Italia, l’estate ha visto il Nord devastato dalle alluvioni e il Sud flagellato dagli incendi.

L’interconnessione tra eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici è sempre più evidente. Con il crescente riconoscimento dei danni causati da tali eventi, gli investitori e le agenzie di valutazione del credito stanno cercando di quantificare gli impatti finanziari dei rischi climatici sulle attività aziendali in svariati settori e regioni geografiche.

Le imprese già esposte a eventi meteorologici estremi e agli impatti fisici dei cambiamenti climatici affronteranno verosimilmente costi finanziari sempre più rilevanti nei prossimi decenni. Uno studio recente condotto da S&P Standard mette in luce che, senza adeguate misure di adattamento, entro il 2050 questi costi potrebbero rappresentare una media annuale compresa tra -3,3% e -28% del valore delle attività reali detenute dalle società nell’S&P Global 1200, secondo gli S&P Global Sustainable1 Physical Risk Exposure Scores e il set di dati sugli impatti finanziari.

Tali costi, cumulativi nel tempo, costituiscono un rischio finanziario considerevole per numerose aziende in assenza di adeguate strategie di adattamento e resilienza. L’impatto finanziario su scala aziendale riflette la media ponderata degli impatti finanziari su tutte le attività connesse alla società, ponderata in base al valore stimato di tali attività. Vengono considerati sette rischi climatici fisici, tra cui caldo estremo, stress idrico, alluvione costiera, alluvione fluviale, ciclone tropicale, siccità e incendi boschivi.

La ricerca indica che il caldo estremo genererà i costi più elevati per le aziende entro il 2050. Questo è in parte dovuto al fatto che quasi tutte le attività dovranno affrontare qualche forma di esposizione al caldo estremo. Al contrario, lo stress idrico e le inondazioni fluviali rappresentano la seconda e terza fonte più significativa di impatto finanziario per l’S&P Global 1200.

Quello che trovo particolarmente interessante di questa ricerca, che invito a leggere con attenzione, è l’imprevedibilità dei settori più a rischio. Se ci avessi pensato così, di getto, avrei sdetto che i beni di prima necessità come quelli alimentari sarebbero stati i più soggetti alle avverse condizioni create dalla crisi climatica. Ebbene, incredibilmente, non è così.

Sono le aziende del settore dei servizi di comunicazione nell’S&P Global 1200 che sono identificate come quelle con il maggior impatto finanziario, pari al 5,4% annuo dei valori patrimoniali reali entro il 2050. Questo settore include società di telecomunicazioni, fornitori di dati e aziende di media. Il caldo estremo genererebbe l’effetto più significativo senza adeguati interventi, seguito da stress idrico, siccità e inondazioni fluviali. Nei servizi di comunicazione, il 97% delle attività reali con un impatto finanziario del 10% o più entro il 2090 sono costituite dai centri dati, i quali presentano l’impatto finanziario medio più elevato per questo settore, pari all’8,3%.

L’analisi dettagliata dei centri dati fornisce insight su come diversi rischi climatici contribuiscano all’impatto finanziario in mancanza di adeguate misure di adattamento e resilienza. Questa prospettiva assume particolare rilevanza in quanto i centri dati sono infrastrutture cruciali per l’economia digitale e probabilmente acquisiranno maggiore importanza con l’evoluzione della tecnologia nel corso del secolo.

Questo studio dimostra inequivocabilmente che nessun settore è immune dal rischio climatico, sottolineando l’urgenza di adottare misure decisive per ridurre le emissioni e adattarsi a un mondo sempre più ostile.

Articolo Precedente

La Cop28 non è promettente: da giovane attivista ho certe aspettative per l’inclusione

next