Da un annetto imperversa sugli schermi di tutta Italia il revival romanesco della celebre serie “la famiglia Addams”: la versione Meloni-Addams, che del plot originale riesce brillantemente a mantenere l’impareggiabile blend di orripilante e ridanciano.

Certamente l’effetto deve molto alla sensazionale interpretazione di uno zio Fester cappelluto del cognato per eccellenza: il buffo naturale Francesco Lollobrigida, che inanella gag strepitose nella loro involontarietà – dalla smentita dell’accusa di razzismo confessando candidamente di “essere ignorante”, all’autodifesa nell’aver fermato un treno per i comodacci suoi, nella pura logica del “lei non sa chi sono io”, scomodando niente di meno che Wolfango Amedeo Crisostomo Mozart (lui credeva si trattasse dell’incarto di tipici cioccolatini austriaci a palla): “così fan tutti” – tanto da risultare una star comica della serie. A cui – purtroppo – è venuta meno la presenza del playboy vanesio Gomez, interpretata magistralmente dal boyfriend della capafamiglia Ciuffettone Giambruno, cacciato di casa per aver recitato la stessa parte del seduttore maldestro anche nella vita privata; tanto da essere incappato nelle furie della girl friend puffetta mannara. Che lo ha sbranato, ciuffetto compreso. E ormai se ne sono perse le tracce.

Mentre la suddetta capafamiglia Giorgia si è riservata ben due parti in commedia, proprio per mettere a frutto iconicamente la sua taglia minima: la coppia di adorabili fratellini che assicurano alla serie una ventata di spensieratezza e bontà: la piccola sadica Mercoledì, impegnata a tagliare risorse ai poveracci abolendo il Reddito di Cittadinanza, e il pestifero Pugsley, specializzato nella costruzione di ghigliottine giocattolo, eccellenti per decapitare – a scelta – rompiballe critici quali Elly Schlein, Giuseppe Conte e perfino Matteo Salvini. O magari quella criticona di Lilli Gruber, che – sotto il turbamento dell’ennesimo femminicidio – aveva attribuito tendenze patriarcali alla Giorgia. Tanto da farle replicare a botta calda che lei non si sentiva toccata dall’addebito essendo cresciuta in un ambiente matriarcale. Quando risulterebbe evidente a qualsivoglia apprendista psicologo che è proprio la sua biografia, con tutti gli intuibili traumi connessi, ad affiggerla con la sindrome della nostalgia da patriarcato. Diagnosticata dalla Gruber.

Sicché, proprio in un incontenibile afflato di puro familismo affettivo, Giorgia ha ceduto il ruolo di Morticia Addams alla sorella Arianna Meloni. Di per sé triste, pallida e smunta già a causa dell’insopportabile peso rappresentato da un coniuge slapstick (comico da film muto, torte in faccia e cadute ridicole) del tipo Lollo-Fester.

Invece è stato molto apprezzato, sia dal pubblico (della curva destrorsa) che della critica (da regime), Italo Bocchino nell’interpretazione del maggiordomo Lurch; ovviando alla mancanza di fisicità alla Frankenstein del personaggio con un guardaroba da damerino. Oltre all’accorrere al grido di “Chiamatoo” ogni volta che c’è da arrampicarsi sugli specchi per replicare a qualche critica rivolta alla premier. Sempre con quella fissità dello sguardo di chi ripete la canzoncina come un organetto di Barberia, riproducendo in maniera quasi perfetta l’occhio vitreo dell’originale. Va detto che il Bocchino, riciclato dopo un passato da megafono del fu Gianfranco Fini, è stato scelto nel ruolo di domestico guardaspalle dopo un serrato ballottaggio con il più monumentale Mario Sechi; che venne scartato per la troppa somiglianza con un altro personaggio della fiction, la cui parte risultava assegnata in partenza al ministro e cognato Lollobrigida per naturale affinità intellettuale. Che il nuovo interprete vorrebbe ulteriormente incrementare riuscendo – come il vecchio modello – ad accendere lampadine tenendole in bocca grazie alla corrente di scempiaggini che emette discettando sui poveri che mangiano più e meglio dei ricchi. Si vocifera che questa star potrebbe essere invitata a portare il suo personaggio in giro per l’Europa grazie a un one-man-show messo in scena sul palcoscenico dell’Unione europea.

Invece permane il mistero sull’interprete de “la mano”, la misteriosa presenza che fuoriesce da una scatola come un soprammobile del salotto Meloni-Addams. Molti indizi l’attribuiscono ad Antonio Tajani. Anche se le interpretazioni divergono: alcuni sostengono che l’arto sia stato mozzato dagli eredi di Silvio Berlusconi quando l’esecutore testamentario di Forza Italia tentò di appropriarsi di un ruolo politico effettivo; altri sostengono che la suddetta mano sia l’ultima rimanenza nel naturale processo di complessiva cancellazione per insignificanza del suo possessore.

Comunque le proiezioni di questo capolavoro alla vaccinara continuano, sino a quando la raggiunta saturazione popolare non porterà a sbaraccare i teloni. Per ora campeggia sempre il motto in latino maccheronico della famiglia Meloni-Addams: “sic gorgiamos allos subjectos nunc”, con quelli che vorrebbero farci fuori noi ci banchettiamo. Tiè.

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