La Rai attraversa il periodo più nero della sua lunga storia. I segnali sono molteplici. Ascolti in calo, in particolare dei nuovi programmi, che hanno peggiorato l’intera programmazione. Il canone di abbonamento è stato ridotto, per motivi squisitamente elettorali, da 90 a 70€, la stessa cifra di 42anni fa, quando ammontava l’equivalente di 73€. La quota dei ricavi mancanti, dovrebbe essere integrata dalla contabilità nazionale, facendo così pagare indirettamente chi è esente dal pagamento del canone stesso.

Gli ascolti complessivi delle tre reti generaliste sono ancora superiori a quelle delle tre reti Mediaset, grazie agli ottimi risultati ottenuti nella prima parte dell’anno: da Sanremo alle fiction di Raiuno, a Raidue, che è risorta dopo un lungo letargo (con Fiorello, Mare Fuori, Belve), e da Raitre che è diventata la terza rete nel panorama televisivo, dopo Rai1 e Canale5, mentre attualmente si “salva” grazie a Chi l’ha visto? ed allo spostamento nella prima serata della soap Un posto al sole. Attualmente il gruppo Mediaset supera la Rai, la prima volta nella storia della televisione, grazie ad un migliore utilizzo delle reti tematiche.

I problemi per Rai sono sorti dopo l’arrivo a giugno dei nuovi amministratori e con la partenza ad ottobre dei nuovi programmi.

Il primo aspetto da sottolineare è la fretta dei cambiamenti nella programmazione. I nuovi programmi andrebbero testati, provati e riprovati; i conduttori non sono tutti uguali, c’è chi attrae il pubblico e chi lo respinge, e per questo motivo si fanno apposite ricerche di mercato. I nuovi programmi appaiono come improvvisati, dettati dal desiderio di cambiare a tutti i costi. Si è sottovalutata la portata dei programmi di successo: il 10-12% di share che Fabio Fazio ha tolto alla Rai, non sarà più recuperato, perché Fazio è un brand che ha superato la “forza” della rete stessa al punto che il successo è arrivato su una piccola emittente (che ormai non lo è più). I più preoccupati del declino della Rai sono i pubblicitari e le società di produzione, ai quali si è aggiunto il monito dell’amministratore di Mediaset (“la Rai si è involuta, torni a fare servizio pubblico”, afferma in sintesi Pier Silvio Berlusconi in una recente intervista).

Le reti televisive hanno una organizzazione diversa rispetto alle testate giornalistiche. Nelle reti l’influenza della politica è minore. La forza delle Rai è sempre stata la coesistenza nell’area produttiva delle diverse identità culturali. Un programma nasce dalle più disparate sensibilità, dove la politica c’entra molto poco. Un bravo comunicatore deve “colpire” il “centro” della popolazione, dove c’è più pubblico, e per questo devono smussare le punte, gli spigoli che possono infastidire. La Rai deve fare programmi popolari, non programmi di nicchia, deve “parlare” a tutti. Il pubblico che guarda uno spettacolo di intrattenimento, come per esempio Affari Tuoi, è composto da persone e non da elettori.

In Rai evidentemente questi equilibri si devono essere rotti. Ricordiamo che la destra è sempre stata rappresentata in Rai con manager di alto livello, i quali però non disdegnavano di coinvolgere coloro che sapevano come si costruisce un programma ed un palinsesto, anche se appartenenti a identità culturali-politiche diverse. Il famoso “partito Rai”, che ha reso forte l’azienda, era caratterizzato nelle aree produttive, come detto, dalla presenza di professionisti delle più diverse sensibilità.

Il pluralismo editoriale permette ascolti più alti in quanto attinge ad un target più ampio. Il pluralismo seleziona i migliori quadri, perché si crea una sana competizione sui programmi. Quando predomina il “pensiero unico” cala il gradimento del pubblico televisivo, scendono gli ascolti e la qualità della programmazione inevitabilmente scema, in azienda aumentano gli scontenti.

Questo è ciò che sta succedendo alla Rai. Per fortuna in televisione si possono introdurre con rapidità cambiamenti che invertano la rotta. Gli attuali decisori dell’azienda conoscono bene la Rai e la televisione, per cui avrebbero le possibilità per effettuare una salutare svolta.

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