In un nuovo rapporto, intitolato “Un futuro a rischio“, Amnesty International ha denunciato che, dalla fine dei mondiali di calcio del 2022 in Qatar, c’è stata una chiara battuta d’arresto nel percorso di miglioramento delle condizioni dei diritti dei lavoratori e che per coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani la giustizia resta irraggiungibile. Centinaia di lavoratori migranti addetti alla costruzione degli impianti sportivi, nella sicurezza e nei servizi di steward sono stati soggetti a un intenso sfruttamento prima e durante i campionati di calcio dello scorso anno: dal versamento di esose e illegali tasse di reclutamento all’inganno sulle mansioni, dal mancato ricevimento dello stipendio a orari di lavoro eccessivi senza giorni di riposo settimanali. Molti hanno pagato con la vita. Quasi un anno dopo, non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento.

Nel 2017 il Qatar aveva firmato un accordo con l’Organizzazione internazionale del lavoro, con conseguenti significative modifiche alla legislazione sul lavoro: la riforma del sistema di sponsorizzazione (kafala), l’istituzione di un salario minimo e l’applicazione di norme sulla sicurezza e sulla salute. Tuttavia, all’inizio dei Mondiali, le misure necessarie per prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani sono rimaste inadeguate. Una volta finito il torneo, i progressi hanno ulteriormente subito una battuta d’arresto

Le persone intervistate da Amnesty International hanno raccontato che la maggior parte dei lavoratori migranti può ora lasciare il Qatar e che ci sono stati dei passi avanti nell’applicazione delle leggi sul lavoro relative al divieto di lavorare all’aperto nelle ore più calde della giornata. Tuttavia, sebbene sulla carta non ci sia più l’obbligo di chiedere ai datori di lavoro un “certificato di non obiezione” per poter cambiare impiego, la realtà è diversa.

Le persone intervistate hanno raccontato ad Amnesty International che persino i funzionari governativi continuano a suggerire loro di ottenere un permesso al fine di facilitare il cambio di lavoro e che spesso i permessi sono tra i requisiti necessari negli annunci d’impiego. Secondo i dati ufficiali, mentre più di 150.000 persone hanno cambiato lavoro nei primi otto mesi del 2023, nello stesso periodo il governo ha anche respinto un terzo delle richieste di trasferimento da parte dei lavoratori. In più, i datori di lavoro continuano effettivamente a controllare in modo asfissiante la presenza dei lavoratori in Qatar, mettendo a rischio il loro status legale. Ad esempio, in risposta alle denunce o alle richieste di cambio di impiego, i datori di lavoro annullano i permessi di soggiorno dei lavoratori o segnalano falsamente i dipendenti come “assenti ingiustificati” dal lavoro, il che può portare al loro arresto e all’espulsione.

La sottrazione del salario rimane la forma più frequente di sfruttamento alla quale vanno incontro i lavoratori migranti in Qatar, compresi quelli impiegati nel settore, sempre più in espansione, delle consegne alimentari. Il sistema per individuare e rispondere a ritardi e mancati pagamenti di stipendi e benefit non è ancora adeguato allo scopo. Gli stipendi rimangono bassi e non c’è stata alcuna revisione del salario minimo dall’introduzione nel 2021, nonostante l’aumento del costo della vita.

Nonostante siano state istituite cinque commissioni cui presentare i reclami, persistono enormi ostacoli per i lavoratori che cercano di ottenere giustizia per vie legali, se non altro perché c’è l’obbligo di rimanere in Qatar per seguire l’esito delle loro cause. Di conseguenza, pur di andarsene i lavoratori spesso non hanno altra opzione se non accettare accordi di compensazione molto inferiori a quanto dovuto e i datori di lavoro raramente sono chiamati a rispondere delle proprie azioni.

I lavoratori migranti impiegati come personale domestico, la maggior parte dei quali sono donne, rimangono particolarmente vulnerabili a gravi violazioni dei diritti umani e il governo ha fatto ben poco nell’ultimo anno per proteggerli o per portare i responsabili di tali violazioni davanti alla giustizia.

La Coppa del mondo in Qatar ha portato alla Fifa la cifra record di 7,5 miliardi di dollari, ma i dettagli sulla creazione di un fondo per i risarcimenti, promessa mesi fa, rimangono vaghi. A marzo, la Fifa ha annunciato l’avvio di una revisione delle misure necessarie per garantire misure correttive in conformità con le sue politiche sui diritti umani, prevedendo la sua pubblicazione a breve. Affinché il Qatar e la Fifa adempiano ai loro rispettivi obblighi e responsabilità in materia di diritti umani, è imperativo che agiscano tempestivamente per assicurare che il diritto ai rimedi e al risarcimento delle vittime non sia ulteriormente negato o rimandato.

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