La negazione della realtà è qualcosa che proviene almeno da 70 anni di storia di impunità di Israele, perché il concetto chiave da cui poter iniziare qualsiasi analisi è impunità di un paese che molti si ostinano a confondere con il popolo ebraico. In realtà, Israele è un paese come gli altri e come tale deve essere giudicato“. Sono le parole di Giuseppe Cassini, ex ambasciatore in Libano e in Somalia, intervenendo in un convegno organizzato da Rifondazione Comunista, “Cessate il fuoco, Giustizia per la Palestina, Pace per due popoli”, tenutosi ieri a Roma.

Cassini, uno dei firmatari dell’appello per il cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza e per il rispetto del diritto umanitario internazionale, esordisce ricordando le lastre di cemento armate, alte quasi 10 metri, che dividono Israele e Gerusalemme dai Territori Occupati della Palestina: “Nel ’60 feci una gita tra Gerusalemme e Betlemme. Ricordo bellissimi uliveti centenari, che oggi ormai sono sradicati. Percorsi a piedi 13 km e ci misi di meno allora di quando ritornai in quegli stessi luoghi con l’automobile d’ordinanza dei diplomatici. Questo – continua – la dice lunga sull’impossibilità pratica di continuare a vivere in una zona dove un muro alto 8 metri fa sì che i terreni fertili stiano solo nella parte israeliana, lasciando il resto a 4 o 5 poveracci che devono cercare di zappare quel poco che resta”.

Il diplomatico cita a riguardo Silvio Berlusconi, che il 3 febbraio 2010 si recò in quei luoghi e che, forse per assecondare Netanyahu, quando gli fu chiesto se, entrando nei Territori palestinesi, avesse visto il muro costruito dagli israeliani, rispose di no perché, a suo dire, era impegnato a leggere dei documenti.
Ci voleva una faccia come quella per negare la realtà“, commenta Cassini.

L’ex ambasciatore si sofferma poi sulla tappa cruciale del conflitto tra Israele e il mondo arabo, la crisi di Suez del 1956, quando Israele, Francia e Regno Unito si accordarono per invadere l’Egitto che, sotto la guida di Gamal Abdel Nasser, aveva nazionalizzato il Canale di Suez. L’operazione fallì perché Usa e Urss imposero agli invasori di ritirarsi.

Cassini sottolinea: “In quell’occasione Israele prese una decisione che in seguito si rivelò letale. Siccome i francesi gli inglesi volevano difendere il loro diritto di possedere il Canale di Suez, distrussero Suez bombardandolo e uccidendo 5mila persone. Gli israeliani – spiega – invece di essere neutrali, contribuirono militarmente a quest’obbrobrio. Ma all’epoca c’era negli Usa un presidente come Eisenhower che bloccò francesi, inglesi e israeliani . Quella fu l’ultima volta in cui gli americani dissero una cosa vera”.

E chiosa: “Da quel momento in poi, si è sviluppata questa continua impunità che ha fatto in modo che Israele sia il paese che ha subito più condanne dall’Onu e nello stesso tempo il paese che più se ne è fregato, arrivando al punto di dotarsi di bombe atomiche tattiche senza neppure passare attraverso le regole del trattato di non proliferazione nucleare del 1968 – conclude – Questa continua impunità di cui gode Israele ha fatto sì che oggi per srotolare di nuovo la storia occorreranno anni e anni di saggezza da parte di un popolo che, temo, l’abbia persa”.

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