I Campi Flegrei sono un’area vulcanica detta ‘caldera’, differente dai vulcani classici in quanto non ha un singolo edificio, che si stende ad Ovest della collina di Posillipo, nella città di Napoli. Le caldere sono formate dallo sprofondamento di una vasta area, a causa dello svuotamento della camera magmatica sottostante in seguito a grandi eruzioni. In tempi successivi, queste aree generano nuove eruzioni: ai Campi Flegrei, le eruzioni possono avvenire dovunque all’interno della caldera, formando coni di tufo, crateri e laghi vulcanici. Quest’area ha generato quasi un centinaio di eruzioni note, l’ultima delle quali, unica in epoca storica, l’eruzione cosiddetta di ‘Monte Nuovo’, avvenuta nel 1538. Essa può generare potenzialmente eruzioni molto più grandi del Vesuvio, ma non è, come molti erroneamente affermano, un ‘Supervulcano’ (che è una definizione ‘mediatica’ coniata dalla BBC); il rischio vulcanico in quest’area, il più alto al mondo, dipende dall’altissima densità di popolazione che risiede all’interno della caldera.

Prima dell’eruzione del 1538, le cronache dell’epoca indicano che ci furono almeno 15 metri di sollevamento del suolo, con massimo al centro della caldera, avvenuto nell’arco di oltre un secolo. Il movimento del suolo, dall’epoca romana e medievale ricostruito dalle tracce dei livelli marini, fino ai giorni nostri con le registrazioni satellitari, è mostrato a questo link. Dal 1950 alla fine del 1984, il livello del suolo nel punto di massima deformazione, il porto di Pozzuoli, è salito in totale di 4 metri; dal 1984 al 2005, il suolo si è poi abbassato di 94 cm. Dal 2006, è iniziato un nuovo episodio di sollevamento, che ad oggi ha prodotto un sollevamento cumulativo di circa 1.15 metri: dunque, il livello del suolo oggi, porto di Pozzuoli (punto di massima deformazione), è circa 20 cm più alto che alla fine del 1984. Nel 1970 e nel 1984, temendo un’eruzione imminente, furono evacuati rispettivamente 3000 abitanti del quartiere antistante il porto (Rione Terra), e 40.000 abitanti dell’intera cittadina di Pozzuoli, al centro della caldera.

Il movimento del suolo in queste aree è chiamato ‘bradisisma’ (parola di etimologia greca che vuol dire ‘sisma lento’); il sollevamento dipende da un aumento della pressione interna, tra la superficie e circa 3-4 km di profondità, che può essere dovuta o all’intrusione di magma, proveniente dal serbatoio principale che sappiamo localizzato a circa 8 km, in livelli molto superficiali (circa 3 km di profondità), oppure al riscaldamento delle rocce imbevute d’acqua (la caldera flegrea ha un grande sistema geotermale), che si espande ed aumenta di pressione come in una pentola a pressione scaldata sul fornello.

A mio parere (abbiamo pubblicato diversi lavori che lo dimostrano) il meccanismo attuale è il riscaldamento degli acquiferi dovuto alla risalita di gas roventi dalla camera magmatica profonda. Questa pressione in aumento produce sia il sollevamento del suolo, sia la sismicità, perché oltre certi livelli spacca le rocce provocando terremoti. Dal 2006 ad oggi, con il progressivo sollevamento del suolo, anche la sismicità è progressivamente aumentata. In pratica, il livello del suolo è come un ‘manometro’, che misura in qualche modo la pressione interna. Se il livello sale (quindi sale la pressione interna) la sismicità può solo aumentare: sia in frequenza, sia in magnitudo massima. Questo, prevedibile e previsto con molti anni di anticipo (noi evidenziammo chiaramente questo aspetto in pubblicazioni internazionali del 2017 e 2018), è ciò che sta accadendo ai Campi Flegrei.

Il 27/9/2023 è avvenuto un terremoto di magnitudo 4.2, il 2/10/2023 un terremoto di magnitudo 4.0. Questi terremoti avvengono entro i primi 3 km della crosta; quindi, sono vicinissimi alle abitazioni localizzate nei pressi dell’epicentro, e danneggiano gli edifici. Questi danni si cumulano nel tempo, perché il terremoto successivo trova una struttura già danneggiata dai terremoti precedenti. Per questo motivo il terremoto del 2/10/2023 ha fatto più danni di quello precedente, e quattro edifici hanno dovuto essere sgombrati per lesioni gravi. In quest’area non possono avvenire terremoti di magnitudo molto grande, perché non ci sono grandi faglie tettoniche; si calcola però che le magnitudo massime siano di circa 5: un terremoto di magnitudo 5 è oltre 30 volte più forte di quello avvenuto il 2 ottobre scorso. Dunque, se il sollevamento del suolo continua, gli edifici localizzati in prossimità della zona epicentrale sono ad altissimo rischio di danni ingenti, fino al collasso. Inoltre, se la pressione nel sottosuolo aumentasse oltre il limite di resistenza delle rocce sovrastanti (che non conosciamo) queste potrebbero fratturarsi completamente dando luogo a un’eruzione.

Se non c’è magma nei primi 3-4 km della crosta, come noi pensiamo, l’eruzione sarebbe simile all’esplosione di una pentola a pressione, con getti di acqua, vapore e detriti di rocce frammentate dall’esplosione. Una simile eruzione senza magma prende il nome di ‘freatica’: è normalmente meno pericolosa di un’eruzione magmatica, ma in un’area densamente popolata come questa sarebbe comunque catastrofica.

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